Vita sociale più attiva per gli anziani sardi rispetto alla media nazionale. Basso il tasso di isolamento

Gli anziani sardi complessivamente partecipano di più alle attività sociali, rispetto a quanto avviene nel resto della penisola. È uno dei dati che emerge dalla sorveglianza Passi d’argento dell’Istituto superiore di sanità che nei giorni scorsi ha pubblicato l’aggiornamento della situazione nazionale degli over 65 riguardo alla loro condizione di vita. Per partecipazione sociale si intende il prendere parte ad eventi come gite, soggiorni organizzati o corsi di formazione. A livello nazionale il 20 per cento degli intervistati ha affermato di aver effettuato attività di questo tipo.

La percentuale di chi ha risposto affermativamente in Sardegna è decisamente più alta, pari al 28 per cento superata solo dalla Provincia di Bolzano e con un dato praticamente uguale nel Veneto. Più alto della media nazionale anche il dato che riguarda la percentuale di over 65 che dichiarano di avere un lavoro retribuito. In Sardegna, infatti, è pari al 12,4 per cento contro una media nazionale del 7,4 per cento. In linea invece con quanto avviene nel resto dell’Italia se si guarda alla percentuale degli anziani che vengono considerati come una “risorsa”, cioè, così come identificato dall’Organizzazione mondiale della sanità, “colui che partecipa ad attività per mantenere la salute fisica e mentale, accrescere la qualità delle relazioni interpersonali e migliorare la qualità della propria vita, contribuendo a ridurre il livello di dipendenza dagli altri e allo stesso tempo rappresentando una risorsa per la collettività”.

La media nazionale in questo caso è del 27,8 per cento, quella sarda del 27,2 per cento. Confortanti i numeri della nostra isola per quanto concerne il fenomeno negativo dell’isolamento sociale. La sorveglianza Passi d’argento fa riferimento alla frequentazione di punti di incontro e aggregazione (come il centro anziani, la parrocchia, i circoli o le associazioni culturali o politiche) sia al solo fare “quattro chiacchiere” con altre persone. Si considera a rischio di isolamento sociale la persona che in una settimana normale non ha svolto nessuna di queste attività. In Sardegna il dato è sensibilmente più basso rispetto alla media nazionale: il 10,8 per cento contro il 15,1 per cento registrato dagli intervistati nella penisola. In Italia poi il 16% ha dichiarato di non aver contatti, neppure telefonici con altre persone e ben il 75% riferisce di non aver frequentato punti di aggregazione. In Sardegna i numeri sono più bassi anche in questo caso. L’11,5% in una settimana non ha avuto contatti neppure telefonici ed il 71% ha dichiarato di non frequentare centri di aggregazione. L’obiettivo deve essere ovviamente sempre puntato con decisione a migliorare sempre di più questi numeri perché, come ricordato dalla sorveglianza Passi d’Argento l’isolamento sociale può incidere notevolmente sulla qualità della vita e, oltre a condizionare gli aspetti della vita di relazione, può compromettere le attività quotidiane e il soddisfacimento delle principali necessità. Da questo punto di vista la pandemia ha rallentato, anche se per fortuna non ha del tutto fermato, un processo di miglioramento dei dati sulla partecipazione e l’isolamento sociale che andava avanti da diversi anni.  

Massimo Sechi

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