Il sospetto è venuto subito per via dell’area di mare del ritrovamento: che si trattasse di alcuni “pezzi” del Volpe 132, l’elicottero della Guardia di Finanza precipitato a largo di Capo Ferrato nel marzo del 1994 in circostanze misteriose. Ma dal comando delle Fiamme Gialle la smentita è arrivata quasi subito: no, il “giallo dell’elicottero” non c’entra niente con quei rottami tirati su ieri, all’interno della rete, dal peschereccio “Luigia” e scaricati nel porto turistico di Villasimius.
L’ipotesi è che si tratti dei frammenti di un aereo-bersaglio, di quelli che vengono utilizzati nel corso delle esercitazioni militari. Così la strana battuta di pesca ha richiamato un altro problema: quello della sicurezza delle popolazioni civili. I rottami sono stati issati in una zona di mare molto frequentata. Ma sarà difficile accertare a quanto tempo da risale l’inabissamento del velivolo.
La vicenda richiama un episodio verificatosi più di trent’anni fa, precisamente il 10 febbraio del 1982 quando un aereo-bersaglio precipitò alla periferia del paese di Villaputzu, determinando “una situazione di eccezionale pericolo” come scrissero in una interrogazione al ministro della Difesa alcuni parlamentari dell’allora Partito comunista.
Il “giallo dell’elicottero” è invece il mistero attorno alle cause della scomparsa del Volpe 132. Erano le 19,15 del 2 marzo 1994 quando ci fu l’ultimo contatto. Poi il silenzio. A bordo c’erano il maresciallo capo e pilota Gianfranco Deriu (43 anni, originario di Terralba ma cresciuto a Cuglieri) e il brigadiere Fabrizio Sedda (28, di Ottana).
Secondo la versione ufficiale, l’elicottero era impegnato in un servizio di addestramento. Ma molti indizi hanno fatto sospettare che in realtà svolgesse un’azione contro trafficanti d’armi e che sia stato abbattuto. Il relitto, e i corpi delle vittime, non sono mai stati trovati.