Due sassaresi, padre e figlio di 73 e 40 anni, sono a processo al Tribunale di Sassari per avere pubblicato su un sito internet pornografico statunitense dei video appositamente contraffatti per apporre il volto della premier Giorgia Meloni sui corpi dei protagonisti di scene hard. I due, difesi dall’avvocata Maria Giulia Marongiu, sono accusati dalla Procura di Sassari di diffamazione nei confronti della presidente del Consiglio, che, nel procedimento apertosi ieri – come anche riportato dalla Nuova Sardegna -, si è costituta parte civile. Secondo le indagini condotte dalla Polizia postale di Sassari, l’autore delle contraffazioni sarebbe il 40enne, mentre il padre è stato citato a giudizio in quanto titolare dell’utenza telefonica utilizzata per la pubblicazione dei video.
La richiesta presentata dalla premier è di centomila euro di risarcimento danni da versare nel fondo nazionale del ministero dell’Interno a sostegno delle donne vittime di violenza. “La richiesta vuole essere un messaggio rivolto a tutte le donne vittime di questo genere di soprusi a non avere paura di denunciare – spiega l’avvocata di parte civile -. La cifra è simbolica e vuole contribuire alla tutela delle vittime, donne che, spesso inconsapevolmente, sono l’obiettivo di questo genere di reati”.
In seguito a una segnalazione arrivata direttamente da Roma, la Polizia postale aveva avviato le indagini nel 2020. Tramite il nickname utilizzato sul sito internet, gli agenti erano risaliti all’utenza telefonica da cui erano partiti i dati e quindi avevano identificato i presunti autori dei video. Il 40enne, il cui appartamento era stato anche perquisito, aveva modificato dei filmati pornografici e, utilizzando dei software specifici per la manipolazione grafica dei video, aveva apposto il volto di Giorgia Meloni sui corpi delle attrici hard. I video restarono in rete parecchi mesi, raccogliendo milioni di visualizzazioni in tutto il mondo. Il processo entrerà nella fase dibattimentale a marzo dell’anno prossimo.
I due imputati sassaresi di 73 e 40 anni, chiamati a giudizio diretto dalla pm Maria Paola Asara con l’accusa di diffamazione, saranno giudicati con due riti differenti: il loro avvocato difensore, Maurizio Serra, ha chiesto la messa alla prova per il padre, e il giudice Paolo Bulla deciderà a riguardo il 25 marzo. Il figlio seguirà invece il rito ordinario e il dibattimento si aprirà il 19 marzo, davanti alla giudice Monia Adami.