VIDEO. La grande crisi del Porto canale: ecco lo sfogo di un lavoratore a rischio

Mentre raggiungeva il Porto canale di Cagliari per affrontare le sue otto ore di turno notturno, un lavoratore ha deciso di filmarsi per descrivere con quale stato d’animo si affronta una situazione del genere. “Se non vengo è un’assenza ingiustificata mentre se vengo ho dei costi ma lo stipendio non c’è”, Danilo Agus ha 44 anni e lavora tra le banchine del Porto canale dal 2000 ma ora ha un futuro nero davanti. “Cagliari non deve lasciar morire il suo Porto – scrive su Facebook accompagnando il suo videomessaggio -. La Sardegna è un’isola, e non può rinunciare al transhipment.” Sono 210 i dipendenti della Cict e 68 quelli della Iterc a cui si aggiungono quelli di Clp, Mts e Cts per un totale di centinaia di lavoratori diretti e indiretti che hanno già perso o stanno perdendo il posto.

In un altro post Danilo Agus elenca le difficoltà del Porto canale e quali potrebbero essere gli interventi necessari. “Il transhipment è la rete mondiale del trasporto standardizzato, dove le merci viaggiano in container al minimo costo possibile, si utilizzando dei nodi detti Hub per smistare le merci nelle varie destinazioni usando navi grandi e veloci che distribuiscono il carico su navi più piccole. È un mercato che cambia in fretta e oggi ha bisogno di tre cose essenziali, oggi assenti nel porto di Cagliari – scrive Agus -. Un retroporto attrezzato (Zona economica speciale e Zona franca) che stanno arrivando a compimento dopo un percorso troppo lungo; fiscalità di vantaggio (riduzione tasse d’ancoraggio con programmazione pluriennale) altrimenti i porti africani ci massacrano e gru di banchina moderne: qui nasce un nuovo problema, se il privato si disimpegna chi può investire in queste infrastrutture? Visto che i terreni sono di proprietà dell’Autorità portuale, io non vedo altre alternative”.

Il lavoratore della Cict, la società del gruppo Contship padrona di casa al porto canale aggiunge “Chiaramente, per costruire questi investimenti, serve del tempo. Quindi come comportarsi con i lavoratori? Se l’azienda trova strumenti per continuare a pagare gli stipendi, si lastrichino ponti d’oro – scrive -. In alternativa si deve fare il possibile e l’impossibile, per mantenere un rapporto attivo fra il porto e le sue maestranze, e trovare un ammortizzatore sociale prima che sia troppo tardi. Noi chiediamo solo di poter lavorare”. L’appello viene rafforzato dalle ultime parole del suo video, dove in sardo invita le parti a mettersi una mano sulla coscienza in vista dei tanti impegni previsti nei prossimi giorni per cercare di sbloccare la situazione: “Poneisì sa manu in sa coscenzia“.

M.Z.

 

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