“La prima cosa che ho pensato è stata: ci ritento. È una cosa che dovrò valutare con calma. Non è escluso, vedremo in futuro”. Gaetano Mura sembra non aver trascorso in mare da solo 64 giorni, ha la voce serena mentre analizza con lucidità la sua esperienza, il tentativo per il Solo Round the Globe Record interrotto a metà strada non senza amarezza.
La sfida e il record sembrano solo rimandati e questo nuovo “viaggio” nel percorso sportivo di Gaetano Mura sarà un tassello importantissimo per le prossime imprese. “Quando decidi di affrontare un impegno di questo genere – sottolinea Mura – metti in preventivo anche la possibilità di non riuscire a portarlo a termine. Quando si parla di barca a vela, come di motori e di mezzi meccanici ci sono elementi imprevedibili e impossibili da controllare. Non è una tragedia essersi fermati, è stata un’avventura bellissima ed emozionante. Bisogna guardare il bicchiere mezzo pieno, adesso ad alcuni giorni dalla decisione ho avuto il tempo di metabolizzare ogni cosa. L’amarezza è andata via e dentro di me sono rimaste solo le emozioni e gli elementi positivi”.
Mura ha la coscienza a posto. “Mi sono preparato bene per il Solo Round the Globe, ho lavorato oltre un anno e mezzo. Italia (la barca Class 40 utilizzata per il tentativo di record), andava bene, con il team One Off Italia abbiamo lavorato al meglio, io ho dato il massimo – sottolinea Mura – c’è poi bisogno anche di un pizzico di fortuna, questa volta non è andata. Ma basta guardare quello che è accaduto al Vendée Globe con tutti i ritiri per capire che sono cose che capitano. Lo stesso Thomas Coville era al suo sesto tentativo”.
Il bagaglio che si poterà dietro il velista dopo questa esperienza è pieno di elementi positivi. “Ho sofferto la solitudine pochissimo – racconta il velista – è stata una grande lezione di vita. Sono molto felice di essere riuscito a ‘portare’ con me in questo viaggio, con i miei racconti e il mio diario, tantissime persone, anche non addetti ai lavori. Mi hanno dato la carica per andare avanti, mi hanno sostenuto in ogni momento con in tifo quasi calcistico. Devo dire che in questo caso i social si sono rivelati fondamentali. È stato un viaggio introspettivo molto forte con insegnamenti che porterò con me per il futuro. Ho analizzato i miei errori come i punti in cui sono andato meglio e tutto questo servirà per il futuro”.
E Mura indica nelle parole del discorso dal titolo “The man in the arena”, l’uomo nell’arena, pronunciate del 26° Presidente degli Stati Uniti Theodore Roosevelt nel 1910 la sua chiave di lettura di questa esperienza. “Non è il critico che conta, né l’individuo che indica come l’uomo forte inciampi, o come avrebbe potuto compiere meglio un’azione – recitava il discorso – L’onore spetta all’uomo che realmente sta nell’arena, il cui viso è segnato dalla polvere, dal sudore, dal sangue; che lotta con coraggio; che sbaglia ripetutamente, perché non c’è tentativo senza errori e manchevolezze; che lotta effettivamente per raggiungere l’obiettivo; che conosce il grande entusiasmo, la grande dedizione, che si spende per una giusta causa; che nella migliore delle ipotesi conosce alla fine il trionfo delle grandi conquiste e che, nella peggiore delle ipotesi, se fallisce, almeno cade sapendo di aver osato abbastanza. Dunque il suo posto non sarà mai accanto a quelle anime timide che non conoscono né la vittoria, né la sconfitta”.
“Mi ispiro a queste parole – dice Mura – Non è un fallimento, non è una tragedia, credo che sia grandioso aver fatto questa esperienza”.
Manuel Scordo