Il cardinale Angelo Becciu ha fornito oggi i suoi chiarimenti sui tre bonifici di 100 mila euro nel 2013, 25 mila euro nel 2015 e altri 100 mila euro nel 2018 per cui è sotto accusa in Vaticano. L’occasione l’ha fornita la decima udienza del processo sui fondi della Segreteria di Stato: il cardinale ha risposto ad alcune domande del presidente del Tribunale, Giuseppe Pignatone, riguardo i fondi inviati alla diocesi di Ozieri e alla Cooperativa Spes, rappresentata legalmente dal fratello Antonino. Becciu ha anche risposto che sulla vicenda riguardante l’ex manager sarda Cecilia Marogna intende ancora avvalersi del “segreto pontificio”.
Il primo contributo di 100 mila euro era un prestito proveniente da un suo conto personale, inviato a un conto corrente intestato alla “Diocesi di Ozieri presso Spes soc. cooperativa”. “Ero entusiasta del progetto della Caritas tramite la Spes, destinato a dare lavoro a giovani e persone svantaggiate – ha ricordato l’ex sostituto per gli Affari generali -. Avevano difficoltà a reperire fondi e io ho fatto un prestito. Di questi 100 mila euro mi hanno restituito la metà, dopo di che io ho detto: credo nel progetto, l’altra metà ve la lascio”. Il presidente Pignatone ha però ricordato che l’accusa di peculato si basa proprio sul fatto che il conto su cui sono stati versati i conti è “presso la Spes soc. Cooperativa” guidata dal fratello Antonino, e questo sarebbe “in disprezzo sia del diritto canonico sia delle specifiche disposizioni amministrative. Lei di queste irregolarità formali era a conoscenza?”.
“Le voglio dire come avvengono queste operazioni della Segreteria di Stato – ha risposto il porporato sardo -. In genere partono da una richiesta di un vescovo, di una comunità religiosa o anche di laici. Noi in base alla fiducia riposta nel richiedente valutavamo la richiesta e poi inviavamo i contributi. Ma si chiedeva una relazione consuntiva a fine gestione, non entravamo nel merito, proprio sulla base della fiducia. I 25 mila euro mi furono chiesti dal vescovo – allora era l’amministratore apostolico monsignor Sebastiano Sanguinetti – perché avevano messo su un panificio che doveva dare lavoro e un incendio aveva distrutto tutto. Poi erano pronti a recuperare ma mancava un macchinario. A Roma vidi la disponibilità dei fondi e chiesi al vescovo che mi disse di mandarli al conto dove in precedenza avevo già versato i 100 mila euro del mio prestito. Io non so come vengono usati i fondi, c’è un vescovo, c’è un Dicastero che controlla, se c’è un ‘fumus’ di irregolarità sono loro che intervengono”. “Mi chiesero questa offerta, io vidi la bellezza dell’opera e inviai il denaro. Serviva per comprare un panificatore che era bruciato. Ora dicono che questa non è vera carità – ha proseguito -. Ma carità non è solo allestire una cena per i poveri -. Anche il Papa, nella sua omelia del 1/o maggio 2020 ci ha detto che ‘la prima vocazione da difendere per l’uomo è dare lavoro, questo nobilita l’uomo. Non si tratta solo da mangiare, ma offrire la capacità di portare il pane a casa, altrimenti manca la dignità. Quei soldi servivano a questo”. “Del conto io avevo solo l’Iban, che mi aveva dato il vescovo – ha detto ancora – e per me destinataria dei soldi era la Caritas, di cui è un braccio operativo la Spes. Mio fratello è stato presidente per 10 anni senza riavere un soldo, lasciando l’insegnamento. Lui è insegnante di religione e ha dedicato il suo tempo a questo compito di aiuto. Davanti alla generosità di mio fratello io, come prete, divento rosso”.
Per quanto riguarda l’ulteriore invio di 100 mila euro, “era stato nominato vescovo di Ozieri monsignor Corrado Melis – ha spiegato Becciu -. Mi parlò del progetto della Cittadella della carità, al servizio di poveri, anziani e anche con un piccolo ostello per l’ospitalità, tutto a fini di carità. Il progetto constava tra 1,3 e 1,5 milioni di euro ed era alla ricerca di fondi. Mi fece cenno su come la Segreteria di Stato potesse dare un contributo. Rientrato in ufficio vidi che c’era disponibilità di 100 mila euro e pensai che fossero utili per il progetto del vescovo, quindi mandai questa somma. I fondi non sono stati poi spesi perché l’intenzione era di aspettare di avere tutta la somma necessaria. Ma sono contento di dire che il 28 febbraio scorso sono partiti i lavori per la Cittadella di carità. E pensare che l’accusa che mi viene fatta è di peculato”. Rispetto poi al prestito per 130 mila euro fatto tra il 2014 e il 2015 dalla Spes alla signora Maria Luisa Zambrano, Becciu ha precisato che “non è mia parente, sono amici di famiglia. E non sapevo di questo prestito, l’ho saputo solo dopo, quando sono venuto fuori le notizie”.
Il cardinale è andato all’attacco. “Sono stato preceduto da un massacro mediatico senza precedenti. Presentato come il peggiore dei cardinali. Una campagna violenta e volgare. Accuse di ogni genere con un’eco mondiale. Sono stato descritto come un uomo corrotto. Avido di soldi. Sleale verso il Papa. Preoccupato soltanto del benessere dei miei familiari. Hanno insinuato infamie sull’integrità della mia vita sacerdotale, aver finanziato testimoni in un processo contro un confratello, essere addirittura proprietario di pozzi di petrolio o di paradisi fiscali. Accuse assurde. Incredibili. Grottesche. Mostruose”. E ha aggiunto: “Desidero che al più presto la verità sia proclamata. Lo devo alla mia coscienza. Lo devo ai miei antichi collaboratori, a tutti gli uomini della Curia, alle comunità ecclesiali che mi hanno conosciuto come delegato del Papa per la beatificazione di numerosi servi di Dio e nei numerosi Paesi che ho servito nel corso del mio servizio diplomatico. Lo devo ai miei familiari. Lo devo alla Chiesa intera. Lo devo soprattutto al Santo Padre, che recentemente ha dichiarato di credere alla mia innocenza”. L’interrogatorio a Becciu, anche sul resto delle vicende in cui è implicato, continuerà nell’udienza del prossimo 6 aprile.