La Corte d’Appello di Sassari, accogliendo le richieste del procuratore generale Gian Carlo Moi, ha condannato all’ergastolo Pino Vandi, Nicolino Pinna e l’agente penitenziario Mario Sanna, ritenendoli responsabili dell’omicidio di Marco Erittu, il detenuto trovato senza vita nel 2007 in una cella del carcere di San Sebastiano a Sassari, morte archiviata inizialmente come suicidio. Tutti gli imputati erano stati assolti in primo grado.
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Il processo si era aperto dopo le rivelazioni di un altro detenuto, Giuseppe Bigella, che nel 2011 confessò di avere ucciso Erittu, con l’aiuto del detenuto Nicolino Pinna, su commissione di Pino Vandi, anche lui rinchiuso a San Sebastiano e la collaborazione dell’agente penitenziario Mario Sanna. A giudizio sono andati anche altri due agenti penitenziari, Giuseppe Sotgiu e Gianfranco Faedda, accusati di favoreggiamento, anche loro assolti in primo grado e per i quali il pg aveva chiesto il proscioglimento per prescrizione del reato. Prescrizione che è puntualmente arrivata per entrambi. Faedda è stato però condannato a tre anni e 4 mesi per le dichiarazioni rilasciate agli inquirenti nel settembre 2011 quando fu riaperta l’inchiesta.
Alla lettura della sentenza che lo ha condannato all’ergastolo, l’agente penitenziario Mario Sanna è stato preso dalla disperazione: “Io sono innocente dottoressa. Sono innocente”, ha urlato. “Nella mia vita ho fatto solo del bene. Queste sono calunnie. Calunnie gratuite. Io ho girato tutta l’Italia combattendo contro i malavitosi e questo è il premio”. Sanna in primo grado era stato assolto, così come gli altri due imputati oggi condannati all’ergastolo in appello.
Prima della camera di consiglio, dopo le repliche del pg, che ha contestato l’impianto difensivo costruito dagli avvocati Agostinangelo Marras, Patrizio Rovelli, Fabrizio Rubiu, Gabriele Satta e Giulio Fais, l’imputato Nicolino Pinna, difeso da Luca Sciaccaluga, aveva rilasciato una dichiarazione spontanea. “Volevo sottolineare che conoscevo bene Erittu, siamo cresciuti assieme, era un mio amico, ed ero amico di tutta la sua famiglia – ha detto rivolgendosi alla Corte -. Io non sono un violento, non sono mai stato condannato per atti di violenza. Dopo il carcere mi stavo rifacendo una vita, e adesso ho perso tutto. Avevo aperto un bar, e ho dovuto svenderlo, ho perso la mia famiglia. Ho perso tutto. Bigella invece – ha chiarito – non era mio amico, non era amico di nessuno perché tutti sapevano che era un informatore”.