Cisl, rapporto choc sul turismo: “Lavoratori dall’Est in nero per 15 ore al giorno”

Esperti in convegno a Porto Cervo per parlare di turismo e sfruttamento

Un piano straordinario sul lavoro a livello regionale, nazionale ed europeo per il turismo basato sulla qualità dell’offerta turistica e la professionalità degli operatori: misura indispensabile per combattere il fenomeno, sempre crescente, dello sfruttamento dei lavoratori low cost. La Cisl nazionale lancia la sfida da Porto Cervo durante il convegno-denuncia  “Quando la libertà economica prevale sui diritti dei lavoratori: che fare? Il caso dello sfruttamento dei lavoratori low cost e la tutela del sistema turistico” organizzato dalla Fisascat Cisl nazionale in collaborazione con la Cisl di Olbia Tempio.

Il richiamo, forte, è stato lanciato dalla segretaria nazionale confederale della Cisl Annamaria Furlan: “La competizione non si gioca sul costo del lavoro ma sulla qualità della produzione, per questo occorre creare sinergie forti col sistema Paese premiando investimenti sul lavoro con scelte mirate alla qualità professionale degli uomini e delle donne”. Una richiesta alla Regione da Oriana Putzolu, segretaria regionale della Cisl: “Per arginare l’emorragia di posti di lavoro chiedo all’assessore Morandi l’impegno per un piano straordinario del lavoro che favorisca le imprese locali e imponga delle regole all’ingresso delle multinazionali in Sardegna”.

L’invito è stato raccolto dall’assessore regionale al Turismo Francesco Morandi, il quale ha annunciato “Un Piano straordinario per il lavoro incentrato sul turismo e sui servizi. Stiamo lavorando per incentivare l’occupazione con l’allungamento della stagione ma è fondamentale puntare sulla qualità dell’offerta con imprese che formino professioni e addetti di alto livello, puntando su un target turistico medio alto. È questo il segmento che crescerà e garantirà più stabilità nel rapporto di lavoro. Occorre inoltre investire in conoscenza per intercettare i nuovi flussi del turismo globale”.

Durante il convegno la Cisl ha denunciato alcuni casi (sempre più numerosi, anche in Sardegna) in cui imprenditori turistici hanno assunto manodopera low cost proveniente dall’est Europa per svolgere dei lavori a basso costo che, fino a oggi, sono sempre stati appannaggio delle cooperative di servizi locali: manutentori, giardinieri, squadre di colf bulgare (le più convenienti sul mercato europeo). L’imprenditore che assume il lavoratore low cost risparmia tantissimo: esistono esempi di lavoratori con contratti da 4 ore al giorno a 650 euro al mese, che in realtà arrivano a lavorare fino a 15 ore al giorno per 1000 euro al mese, parte dei quali percepiti in nero. Per lo stesso numero di ore, un italiano costa almeno tre volte tanto. Naturalmente, lo schiavismo di importazione si basa sul fatto che in Romania, per esempio, un lavoratore guadagna mediamente 140 euro al mese.

Il segretario della Fisascat Sardegna, Marco Demurtas, ha elencato i casi accaduti nell’isola generati dall’applicazione della direttiva Bolkestein dal 2008 in poi: “Alberghi e villaggi vacanza Valtur di Santo Stefano, a La Maddalena e Alghero; Baja di Conte durante la gestione commissariale; campeggio dell’Isuledda; il villaggio vacanze dell’Arbatax park e altre realtà del sud dell’isola”. Demurtas denuncia la “mancanza di scrupoli di imprenditori, sardi e non, che si sono voluti affidare a sperimentazioni effettuate attraverso la costituzione di società di servizi (ossia agenzie interinali) collegate al mercato del lavoro, prevalentemente rumeno”.

I numeri: in 5 anni la disoccupazione in Gallura è cresciuta del 9% (ora è al 17,4% assoluto, con il 46,8% di disoccupazione giovanile, in aumento del 19% rispetto all’anno scorso). Un calo dell’occupazione che inserita all’interno del settore turistico si può collegare anche al fenomeno dell’utilizzo di lavoratori “low cost” dall’Est Europa. Alberghi e campeggi utilizzano lavoratori assunti da agenzie di servizi e sfruttando l’elasticità in ingresso data dalla direttiva Bolkestein consentono un risparmio fino a un terzo rispetto al costo di un lavoratore italiano. Questo fenomeno ha creato diversi problemi tra cui il crollo dell’occupazione locale, la perdita della coesione sociale con fenomeni di xenofobia e allarme povertà, situazioni di dumping sociale e commerciale, attraverso lavoratori “low cost” non sindacalizzati, abuso di pratiche di concorrenza sleale tra le strutture ricettive.

Pierangelo Raineri, segretario nazionale Fisascat Cisl ricorda che “Il turismo in Italia occupa più di un milione di persone, con oltre 250 mila lavoratori stagionali. Il turismo è l’unica attività economica non delocalizzabile, ma è necessario far crescere l’attrattività e rendere più competitivo il rapporto tra costi e ricavi. Dunque è necessario regolamentare un settore il cui volume d’affari aumenterà con il crescere dei redditi nei Paesi emergenti”.

In conclusione, Anna Maria Furlan sottolinea che “Da qui al 2020 l’Italia avrà 150 miliardi di euro da investire tra fondi europei e nazionali. Per investirli al meglio si deve puntare sull’innovazione, la formazione e la ricerca. L’Italia negli anni della crisi ha perso 25 punti di produzione perché non è stata nemmeno capace di spendere i finanziamenti europei. Dobbiamo rimettere al centro delle nostre politiche l’innovazione e la ricerca aumentando la competitività del sistema Paese e il Semestre europeo a guida italiana deve puntare su questi temi partendo dagli “ultimi”: quel 20% di lavoratori, 3 milioni in Italia, che non sono rappresentati da nessuno dei 400 contratti collettivi nazionali. Fenomeni di vero e proprio s’ciacallaggio sul lavoro’ che nulla hanno a che fare con la globalizzazione. Il nostro motto deve essere: ‘Costruiamo l’Europa del lavoro’ “.

 

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