Fronte legionario sardo. Ruota intorno a questa sigla l’operazione ‘Reazione’ dei carabinieri che all’alba di oggi ha fatto finire in carcere tre persone, mentre per una quarta sono scattati i domiciliari. Ma gli indagati sono in totale 11.
Le ordinanze di custodia cautelare sono state eseguite dai carabinieri del Ros, il Reparto operativo speciale, insieme al Comando provinciale di Nuoro, ai Cacciatori di Sardegna e all’11° Nucleo elicotteri di Elmas. In campo anche le unità cinofile dell’Arma.
Stando alle indagini, il gruppo neofascista, attivo in particolare nel Nuorese e nel nord Sardegna, ha messo in atto numerosi atti intimidatori, compiuti anche con armi ed esplosivi. Nel mirino sono finiti, tra gli altri, il sindaco di Torpè e diversi altri amministratori della Baronia, a cui sono stati recapitati proiettili calibro 7.65 in occasione delle elezioni insieme a una chiara indicazione messa nero su bianco: “Non andate a votare”.
Le indagini erano partite nel maggio 2019, proprio in seguito al ritrovamento di quel volantino che portava la firma del Movimento politico reazionario (Mpr). La sigla si dichiarava apertamente antieuropeista, antiimmigrazione e di ispirazione di destra sovranista. Le urne si erano aperte in occasione delle elezioni Ue per rinnovare il Parlamento di Strasburgo. Non solo: il giorno successivo al voto del 25 maggio, comparve un secondo volantino che invitava alla “lotta armata” attraverso “attentati alle sedi istituzionali di tutta Italia”. Il gruppo prometteva inoltre di diffondere “dati ed informazioni secretate dallo Stato” attraverso ricerche fatte nel cosiddetto dark web, quella parte di Internet nascosta e accessibile solo utilizzando un browser apposito.
Dopo le Europee ci fu una escalation di intimidazioni: a Torpè e dintorni si registrava una media di due attentati al mese, compiuti contro amministratori locali ma anche migranti e altri cittadini. A tutti, con minacce di morte, veniva imposto di non denunciare. L’obiettivo del Fronte legionario sardo era arrivare al controllo del territorio, secondo un modello definito “feudale” dall’Arma. Il gruppo, infatti, si procurava denaro con la coltivazione e lo spaccio di marijuana, ma anche attraverso le rapine.
Per gli inquirenti, ai vertici del Fronte c’era Ananio Manca che era diventato il “polo aggregativo per numerose ulteriori soggettività aderenti ad ideologie di estrema destra”, hanno ricostruito i carabinieri. Tra loro spiccano i nomi di due cugini, Angelo e Niccolò Sulas, finiti anche loro in cella. L’obiettivo del Fronte era ricreare anche un milizia armata: il gruppo si era dotato anche di un simbolo. I reati contestati a vario titolo sono associazione con finalità di eversione, ricostituzione del disciolto partito fascista, associazione finalizzata allo spaccio e alle rapine.
Il Fronte legionario sardo è stato il nuovo nome dato proprio da Manca all’iniziale gruppo che, come detto, si chiamava Mpr. Il capo del gruppo tirava le fila di un’organizzazione che per gli inquirenti voleva strutturarsi come una vera e propria milizia sul modello degli “indipendentisti corsi”, hanno spiegato i carabinieri nel corso della conferenza stampa convocata a Cagliari. Hanno partecipato: il colonnello Gianluca Valerio, vice comandante nazionale dei Ros; il colonnello Marco Rosi, comandante della Divisione antiterrorismo del Ros di Cagliari; il tenente colonnello Giorgio Mazzoli, comandante della sezione anticrimine Ros; il tenente colonnello Elvio Sabino Labagnara, a capo del Comando provinciale di Nuoro; Luca Corbellotti, comandante della Legione Sardegna. L’operazione è stata coordinata dalla Procura di Cagliari.
[Foto d’archivio]