Salvatore Deledda, l’agente penitenziario di 38 anni di Siniscola, arrestato lunedì scorso, resta in carcere. L’accusa è di corruzione e introduzione illecita di telefoni cellulari nel carcere di Badu ‘e Carros dal quale, il 24 febbraio, è evaso il boss della mafia garganica Marco Raduano. Il gip del tribunale di Nuoro Giacomo Ferrando ha infatti respinto la richiesta dei domiciliari presentata ieri dagli avvocati difensori Stefano Stochino e Roberto Corrias al termine dell’interrogatorio di garanzia nel carcere sassarese di Bancali.
Con Deledda era stata arrestata anche Carmela Mele, 45 anni, napoletana, sorella di Vincenzo, detenuto dell’alta sicurezza come Raduano, e di Giuseppe, soprannominato “o’ cacaglio”, capo dell’omonimo clan del quartiere Pianura del capoluogo partenopeo. Secondo gli inquirenti era lei a inviare ai reclusi dell’alta sicurezza i pacchi contenenti i cellulari servendosi di Deledda dietro una ricompensa di 1.450 euro.
Nella cella di Vincenzo Mele sono arrivati quasi tutti i telefonini – ora sequestrati – che la sorella gli avrebbe fatto avere da Napoli. L’indagine della Procura di Nuoro sui due arresti viaggia parallelamente a quella della Dda di Cagliari sull’evasione del boss, ma è stata aperta 5 mesi prima della fuga di Raduano. A far scattare l’inchiesta, coordinata dal pm Andrea Ghironi, sarebbe stato l’ex comandante della Polizia penitenziaria del carcere nuorese, Francesco Dessì, sostituito subito dopo l’evasione. Dalle indagini è emerso che Deledda sarebbe dovuto essere in turno sulla garrita nel giorno della fuga di Raduano, ma era assente per malattia.