Trentacinque anni fa, alle 10.25, nella stazione ferroviaria di Bologna una bomba uccise 85 persone, e ne ferì oltre 200. Una strage civile, in piena città. La vittima più piccola si chiamava Angela Fresu e aveva tre anni. Era con sua mamma Maria, di 24, e veniva dalla provincia di Sassari, da Nughedu San Nicolò. Anche lei come gli altri è morta e non si sa ancora perché. Una richiesta di verità che ogni anno l’Associazione dei familiari delle vittime porta in piazza con il corteo e la manifestazione. Un denso minuto di silenzio, dopo la sirena, poi la lettura dei nomi delle vittime.
La cerimonia. A Bologna è arrivato anche un telegramma del Capo dello Stato, Sergio Mattarella: “L’Italia – dice il Presidente – ha il dovere di non dimenticare quella strage e quelle vittime innocenti che fanno ormai parte della memoria nazionale”. Una strage senza mandanti, dal punto di vista giudiziario: una lunga sequela di rinvii e depistaggi. Come esecutori sono stati condannati Francesca Mambro e Giusva Fioravanti, esponenti di spicco dell’eversione di destra, ex terroristi Nar (Nuclei armati rivoluzionari). Al momento i due, diventati moglie e marito, sono a piede libero. Contro loro, dichiaratisi innocenti, si è scagliato questa mattina Paolo Bolognesi, storico presidente dell’Associazione familiari delle vittime, e parlamentare Pd.
La storia. La stazione ferroviaria è un luogo di passaggio, molto frequentato soprattutto ai primi di agosto. Erano in tanti in quella sala d’aspetto in cui ancora oggi resta lo squarcio con sopra i nomi di chi lì è morto. Angela oggi avrebbe 38 anni. Quel giorno era con sua mamma Maria che lavorava come operaia in una fabbrica di confezioni a Empoli in Toscana. Era quindi emigrata dalla Sardegna e con la bambina stava andando in vacanza al lago di Garda con due amiche, Verdiana Bibona di Castelfiorentino e Silvana Ancilotti di Cambiano in provincia di Firenze. Secondo il libro di Daniele Biacchessi, “Ore 10.25: cronaca di una strage. Vite e verità spezzate dalla bomba alla stazione di Bologna”, Angela e Verdiana sono morte sul colpo. Invece Maria si è volatilizzata, del suo corpo nessuna traccia. Di lei – scrive Biacchessi – non si è saputo più nulla per tanto tempo. Quasi si fosse fatta pulviscolo, una tesi non ammessa dagli esperti. Solo a dicembre del 1980 per i parenti di Maria arrivò una notizia: i resti trovati sotto un treno diretto a Basilea, in Svizzera, appartenevano alla loro figlia.
La poesia. Alla mamma della piccola Angela, Maria, il poeta veneto Andrea Zanzotto ha dedicato pochi anni più tardi una poesia. Da Idioma (1986):
E il nome di Maria Fresu
continua a scoppiare
all’ora dei pranzi
in ogni casseruola
in ogni pentola
in ogni boccone
in ogni
rutto – scoppiato e disseminato –
in milioni di
dimenticanze, di comi, bburp.
Mo. Me.