Solidarietà, iniziativa Strange for life: Jacopo Cullin in canoa per l’Oncologico

“È iniziato tutto martedì mattina, alle 4:30 suona la sveglia e alle 5:30 sono già in macchina in direzione Porto Tramatzu”. Inizia così il lungo post su Facebook dell’attore cagliaritano Jacopo Cullin, che ha raccontato la sua esperienza con Strange for life, l’iniziativa benefica per raccogliere fondi per l’ospedale Oncologico: i soldi serviranno per l’acquisto di poltrone per l’infusione chemioterapica. Cullin qualche giorno fa ha raggiunto un gruppo di donne, tutte legate in qualche modo all’ospedale: “Chi ci lavora, chi ci si cura e chi ci fa del volontariato”. Le sue compagne di viaggio sono partite da Cagliari in canoa per raggiungere Budoni.

“Quattro canoe doppie, sei donne, un uomo e un infiltrato”, scrive Cullin. Sono diretti a Bari Sardo, 43 chilometri di mare per dieci ore di pagaiate. “Faccio i primi 150 metri e penso “bah bah, oggi faccio una bella figura”. La spalla mi fa malissimo, se fossi stato solo mi sarei fermato immediatamente, invece sono circondato da donne determinatissime che guardano avanti mentre io invece mi guardo intorno e spero di trovarne almeno una leggermente affaticata. Niente da fare, sembrano bioniche”.

Tra dolori fisici, risate e prese in giro bonarie, Cullin ascolta anche le storie delle donne insieme a lui.  “Le osservo mentre cercano di calmarsi incitandosi a vicenda e capisco che questa non è la sfida più difficile della loro vita. Non sento più dolore ma solo un po’ di vergogna per avergli dato importanza”, scrive l’attore. Dopo qualche ora finalmente arrivano: “Il campeggio di Bari Sardo, l’animazione e un sacco di altre persone ci stanno aspettando e urlano “Braviiiiiii” con tutto il fiato che hanno, applaudono e urlano. Noi alziamo le pagaie in segno di vittoria, ce l’abbiamo fatta, sembrava impossibile ma ci siamo riusciti, è tra le scene più commoventi che abbia mai vissuto. Scendiamo dalle canoe e io sento che potrei cadere da un momento all’altro, abbraccio tutti quelli che trovo davanti a me e bevo qualsiasi cosa mi venga offerto. Vorrei piangere come un bambino ma non lo faccio, un po’ per pudore e soprattutto rispetto di queste donne bioniche che hanno ancora qualche tappa da fare. Lascio che piangano loro e che si godano tutto questo meritatissimo affetto. Ci abbracciamo forte e ridiamo, perché in fondo in fondo mi avevano accettato da subito, ma coglionarmi per 10 ore era troppo bello”.

Per poi concludere: “Dopo una cena abbondantissima, finalmente si va a dormire. Nel silenzio della mia tendina ripenso alla giornata appena passata e mi sembra una metafora della vita: le difficoltà, il pensiero negativo, l’aiutarsi, il non lasciare nessuno indietro, gli obiettivi, il mare mosso, il vento contro e poi a favore, persino i motoscafi che corrono senza curarsi degli altri non sapranno mai cosa si prova a tagliare il traguardo in quel modo. Chiudo gli occhi, finalmente qualche lacrima silenziosa viene fuori e ringrazio per questa giornata che non dimenticherò mai”.

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