“Quando si è ammalato mi ha detto: sto iniziando una seconda vita. Spero che qualcuno prenda in carico le sue battaglie. Questa è la mia unica preoccupazione”. Con queste parole Giuseppina Vincentelli, moglie di Salvatore Usala, ricorda il marito, leader di tante battaglie per i diritti dei disabili gravi, morto ieri a Cagliari. Da sempre vicina, ormai diventata interprete e intermediaria nelle comunicazioni, che avvenivano solo attraverso il movimento oculare, Giuseppina aveva conosciuto Tore 43 anni fa. “Ci siamo aiutati e sostenuti l’un l’altra per oltre 40 anni. Nel 2004 – spiega all’ANSA – aveva avuto i primi sintomi della malattia. E da quel momento ha fatto della sua condizione una vera e propria missione, quella di aiutare i malati e le loro famiglie”.
Dal 2008 la malattia lo aveva costretto alla peg e la tracheo-stomizzazione, per consentire alimentazione e respirazione. “Nonostante le sue condizioni, fino all’ultimo ha utilizzato al 100% tutte le sue forze per creare valore. Non ha mai pensato che la vita non valesse la pena di esser vissuta solo perché aveva una disabilità gravissima – prosegue Giuseppina -. Di fatto ha ottenuto sovvenzioni che hanno consentito a molti malati di evitare il ricovero e restare in famiglia. Ha sempre pensato che per una persona malata il sacrificio maggiore è sapere di pesare sulle spalle dei cari. Per questo la sua battaglia è stata quella di avere sufficienti fondi per consentire ai malati di restare casa e, allo stesso tempo, dare ai parenti il sostegno degli assistenti. Mi auguro ora che qualcuno la prosegua”.