Sequestro Pinna, al processo la drammatica testimonianza dell’ex ostaggio

Drammatica testimonianza, davanti alla Corte d’Assise di Sassari, di Titti Pinna, l’allevatore di Bonorva prelevato dall’azienda familiare di “Monti Frusciu” il 19 settembre 2006 e scappato otto mesi dopo dalla prigione di “Su Pardu”, in territorio di Sedilo.

L’ex ostaggio ha ripercorso le fasi del prelievo rispondendo alle domande del pm della Dda Gilberto Ganassi nel corso del processo-bis. In Sardegna è la prima volta che un processo per sequestro di persona a scopo di estorsione senza la morte dell’ostaggio si celebra davanti a una Corte d’Assise. A doversi difendere dall’accusa di aver partecipato al rapimento sono Giovanni Maria “Mimmiu” Manca, 53 anni di Nuoro, e Antonio Faedda, 45 anni di Giave, difesi rispettivamente dagli avvocati Salvatore Asole e Gian Marco Mura.

I due erano stati arrestati con un blitz dei carabinieri il 19 dicembre del 2013 e sono ancora detenuti. Per il pm, Manca e Faedda avrebbero fatto parte del gruppo di prelievo entrato in azione nel settembre di otto anni fa nelle campagne bonorvesi. Secondo gli inquirenti, l’ostaggio sarebbe stato portato nell’azienda di Salvatore Atzas – già condannato in via definitiva – per poi essere trasferito a “Su Pardu”. Manca, secondo la Dda, avrebbe avuto una posizione di primo piano nel sequestro, mentre Faedda avrebbe fornito supporto logistico.

Nel corso della scorsa udienza la Corte d’Assise ha respinto le eccezioni sollevate dall’accusa in merito alle modalità con cui si era svolto in sede di udienza preliminare l’incidente probatorio di Carlo Cocco, ritenuto un testimone chiave ai fini dell’intera vicenda processuale. Per lo stesso motivo la corte presieduta dal giudice Pietro Fanile, a latere Teresa Castagna, su richiesta del pm, aveva respinto la richiesta dell’avvocato Asole di ammettere a dibattimento un nuovo esame del teste.

“Non so se siano colpevoli, questo dovete stabilirlo voi giudici. Ma se lo risultassero, dei loro soldi non me ne faccio niente“. Ha risposto così Titti Pinna alla domanda provocatoria dell’avvocato Salvatore Asole, difensore di Giovanni Maria “Mimmiu” Manca, 53 anni di Bonorva, che ha chiesto all’ex ostaggio come mai non si sia costituito parte civile nel processo-bis.

Nel primo processo, celebrato davanti al collegio del tribunale di Sassari presieduto da Plinia Azzena, la famiglia Pinna si era costituita parte civile contro Salvatore Atzas e Natalino Barranca (ritenuti i carcerieri dell’ostaggio) ma aveva chiesto a titolo di risarcimento solo un euro simbolico.

Anche l’ex primula rossa del banditismo sardo Graziano Mesina venne intercettato dai carabinieri del Ros durante le fasi del sequestro di Titti Pinna. Lo ha rivelato oggi durante il processo-bis davanti alla Corte d’assise di Sassari il capitano Alfonso Musmeci, ex comandante del Reperto operativo speciale dei carabinieri di Nuoro che seguì sino dall’inizio le fasi della prigionia di Pinna e quelle successive alla liberazione. Dalle indagini degli investigatori della Dda Mesina comunque risultò assolutamente estraneo alla vicenda.

“Fui io stesso – ha riferito l’ufficiale in aula – ad andare ad Orgosolo per riferire a Mesina che la sorella dell’ex ostaggio voleva incontrarlo”. Maria Margherita Pinna, sorella di Titti, incontrò Graziano Mesina tre volte: due durante la prigionia del fratello per chiedergli una mano per riportarlo a casa e una subito dopo la liberazione. Mesina e alcune persone che gravitavano intorno a lui fra il 2006 e il 2007 vennero messe sotto controllo dai carabinieri, ma dalle intercettazioni non risultò alcun legame col sequestro. Durante la deposizione il capitano Musmeci ha ripercorso le fasi della prigionia di Pinna e del ruolo che ebbe durante le indagini padre Pinuccio Solinas, un frate francescano di Bonorva che, come era già avvenuto durante altri sequestri di persona nell’isola, si propose per fare da intermediario.

“Fu padre Solinas – ha detto il capitano – a rivelarmi che pochi giorni dopo il sequestro, Giovanni Maria “Mimmiu” Manca, compaesano ed ex compagno di scuola di Titti, gli aveva detto di recarsi a un appuntamento segreto nelle campagne vicino al passaggio a livello di Mulargia per incontrare i sequestratori. Una prima volta fui io a fargli il nome della famiglia Manca – ha aggiunto l’ufficiale – e padre Solinas annuì, mentre la seconda volta il frate mi disse esplicitamente che era stato Mimmiu a dargli l’imbeccata”. Una settimana dopo il rapimento il francescano andò a un incontro al passaggio a livello di Mulargia e parlò con qualcuno che chiese un riscatto di alcune centinaia di migliaia di euro e poi gli diede un appuntamento per il giorno successivo. Ma al secondo incontro col frate non si presentò nessuno. La prossima udienza è stata fissata per il 29 gennaio.

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