Politica, storia e cultura: Sciola riapre il dibattito sui Quattro Mori

La lettera che Pinuccio Sciola ha inviato ieri al Presidente della Repubblica sulla bandiera dei Quattro Mori ha già sollevato un’infinità di polemiche nei confronti dello scultore di San Sperate soprattutto sui social network. Pochi i commenti pacati e riflessivi, troppi invece gli insulti e le offese gratuite verso l’artista. In sua difesa poche ore fa è intervenuta la scrittrice Michela Murgia: “Io e Sciola siamo amici fraterni da anni e questo ovviamente non significa che siamo sempre d’accordo o che io condivida tutto quello che dice (né lui quel che dico io, del resto). La questione dei quattro mori nello specifico mi vede nel modo più assoluto non concorde, e non certo per affezione alla bandiera dei macellai di Sanluri. Credo però che esista uno stile, direi persino una grazia necessaria nel dissentire dalle opinioni di un uomo, un artista di 73 anni, che ha dato alla Sardegna più di un motivo di orgoglio e che ora si trova ingenerosamente infangato dalla sferza di giudizi un tanto al chilo – dall’accusa offensiva di demenza senile a quella risibile di ricerca di visibilità – la cui virulenza non trova giustificazione nel caso in questione. Evidentemente le esecuzioni pubbliche, a differenza di quello che pensa Pinuccio, ci piacciono ancora tanto e in questo caso devo dire che ha doppiamente torto: i 4 mori ci rappresentano benissimo”.

Sul tema ieri sera ha scritto anche Gianfranco Ganau, presidente del Consiglio della Regione Sardegna: “Caro Sciola, sono in totale disaccordo. I 4 mori sono il simbolo della nostra terra, la nostra storia. Non si toccano”.

Ganau è stato il primo esponente delle istituzioni a dare una risposta alla richiesta di Sciola, se pure nel canale stringatissimo dei 140 caratteri di twitter. Poche ore dopo sulla questione è intervenuto Franciscu Sedda, segretario del Partito dei Sardi, con una lettera diretta proprio al Presidente del Consiglio: “Lei ha ragione nel dire che ‘I Quattro mori sono il simbolo della nostra storia’ . Il punto è capire di quale storia”. Franciscu Sedda, oggi ricercatore di Semiotica all’Università di Tor Vergata, a Roma, conosce bene il tema: nel 2007 ha pubblicato per la casa editrice Condaghes ‘La vera storia della bandiera dei sardi’, in cui analizza il simbolo dei 4 mori alla luce della storia isolana.

La vignetta di Tullio Boi
La vignetta di Tullio Boi

 

“I Quattro Mori – prosegue la lettera a Ganau – sono il simbolo della storia che inizia con ‘lo sterminio e l’esecuzione della naciò sardesca‘, per dirla con le parole del re Catalano-Aragonese, di cui erano il sigillo e una delle bandiere, all’indomani della Battaglia di Sanluri del 30 giungo 1409. Sono in altri termini il simbolo di quella storia che inizia con la perdita dell’indipendenza, con il venir meno della nostra sovranità nazionale. I 600 anni passati da quel momento hanno confermato quell’inizio, con la quasi totalità della classe dirigente sarda che anche nei momenti di maggior sommovimento e contestazione verso il potere centrale ha agitato quella bandiera sempre e comunque nel solco della fedeltà al Sovrano esterno, addirittura giustificando le proprie sollevazioni per meglio servire il Sovrano distante e ignaro delle colpe dei suoi viceré. La stessa storia dell’Autonomia ha vissuto di questa fedeltà cieca, dogmatica, preventiva verso il Sovrano esterno. Una fedeltà di cui il nostro orgoglio, le nostre rivendicazioni, sono state più che altro una illusoria forma compensativa: un inutile risentimento per sollevarci dai sensi di colpa. Come spiegare altrimenti che si sia arrivati solo nel 2006 ad accorgersi che lo Stato non rendeva alla Sardegna quanto dovuto per Statuto, per citare un solo emblematico esempio?

Ora, nessuno può ragionevolmente escludere che per una imprevedibile casualità della storia una bandiera portatrice di tale storia possa un domani finire per significarne un’altra. Finora tuttavia non è successo. Ciò che invece sta succedendo è che per i sardi si aprono oggi orizzonti nuovi e matura una nuova volontà di sovranità, e ancor prima matura una nuova esigenza di verità sulla propria storia e con essa una più profonda apertura verso il mondo. È fatale che in questa situazione i simboli acquisiti vengano rimessi in discussione. E sorga l’esigenza di simboli nuovi”.

bandierarborea

E sulle recenti proposte di cambiare la bandiera dei Quattro Mori con altre immagini (i Giganti di Monti Prama secondo la proposta di Francesca Barracciu, ad esempio, o l’ultima avanzata da Pinuccio Sciola) Sedda prosegue: “Ora ci si può sbizzarrire a immaginare, inventare e sperimentare. Come alcune autorevoli figure propongono. Ma se si cerca una bandiera che ha rappresentato un momento di unità, sovranità e indipendenza dei sardi quella c’è già, ed è quell’Albero verde in campo bianco (nella foto) che i sardi sventolavano a Sanluri – ‘la bandera dels sards’ dirà il sovrano straniero summenzionato – L’Albero verde che i sardi sventolarono nella lunga epopea che da Mariano IV a Eleonora a Leonoardo Alagon li ha visti battersi per una Sardegna libera e sovrana, fino al punto da costituirla di fatto, di lasciarla scritta nella Carta de Logu, nel perseguimento attraverso leggi condivise de “su beni de sa republica sardisca”, di realizzarla sebbene e purtroppo in modo non definitivo. Se si cerca una nuova bandiera per una nuova storia c’è già: un Albero verde pronto ad accogliere sotto le sue fronde e a condividere i suoi frutti con tutti coloro che vorranno trovarvi riparo e curarlo con amore. Come si conviene a una nazione sarda inclusiva e aperta, che non discrimina ma affratella, che si prende cura di tutti i suoi figli, della loro prosperità e dignità.

Per il resto la storia è aperta a tutte le possibilità. Anche a quelle più contraddittorie. E soprattutto è aperta alle nostre scelte. Il punto è dirci quel tanto di verità per poter esercitare le nostre scelte in libertà e coscienza”.

Diventa anche tu sostenitore di SardiniaPost.it

Care lettrici e cari lettori,
Sardinia Post è sempre stato un giornale gratuito. E lo sarà anche in futuro. Non smetteremo di raccontare quello che gli altri non dicono e non scrivono. E lo faremo sempre sette giorni su sette, nella maniera più accurata possibile. Oggi più che mai il vostro supporto è prezioso per garantire un giornalismo di qualità, di inchiesta e di denuncia. Un giornalismo libero da censure.

Per ricevere gli aggiornamenti di Sardiniapost nella tua casella di posta inserisci la tua e-mail nel box qui sotto:

Related Posts
Total
0
Share