di Andrea Tramonte
La protesta è stata clamorosa e non poteva essere diversamente, conoscendo l’istrionismo del personaggio: Claudio Ara, titolare di Luchia a Buoncammino, ha sistemato il balcone del bar in mezzo alla strada bloccando il traffico per qualche minuto. Da qualche giorno l’imprenditore-cuoco-ristoratore, nome storico della nightlife cagliaritana con il marchio dell’Harder Times, si sta mobilitando per salvare il suo locale dalla demolizione. Il Comune di Cagliari gli ha revocato la concessione e, con un provvedimento, ha imposto lo smantellamento del chiosco. È esecutivo: questo significa che entro il 9 luglio il locale non ci sarà più, salvo miracoli. “Neanche a un serial killer – ha sbottato l’imprenditore -. Noi diamo servizi, creiamo posti di lavoro, riqualifichiamo aree. Non siamo delinquenti o nullafacenti. Qui ci sono 12 famiglie che lavorano, 12 famiglie sfamate. Noi siamo lavoratori, la dovete smettere. Questo spazio non è mio e nemmeno vostro. Dopo che mi sono sottomesso alle vostre angherie mi togliete la licenza. Da 48 anni faccio questo mestiere e mi adopero per dare servizi e voi mi trattate da delinquente”.
Il caso di Luchia è decisamente al limite, in una situazione che è diventata incandescente anche senza arrivare a estremi simili. Il problema è quello di un regolamento – o forse sarebbe meglio specificare: interpretazioni del regolamento – che negli ultimi mesi ha portato a un clima di esasperazione tra gli esercenti e una situazione frequente di multe e licenze sospese. Le ultime sono di ieri: il Brewbay House del corso Vittorio Emanuele non avrà la concessione del suolo pubblico per trenta giorni perché – secondo l’accusa – la musica all’interno del pub si sentiva anche fuori. Invece al Binzas di via Sardegna la concessione sarà sospesa per sei giorni per aver usato più suolo pubblico di quanto ne avesse diritto.
Il “Regolamento per la concessione del suolo pubblico per l’esercizio dell’attività di ristoro all’aperto, a servizio di attività commerciali e artigianali e per attività occasionali” è stato approvato all’unanimità in Consiglio comunale nel 2018, dall’allora maggioranza di centrosinistra insieme all’opposizione di centrodestra. L’anno dopo Paolo Truzzu è diventato sindaco e gli aspetti critici del regolamento si sono materializzati nell’ultimo anno, con una applicazione inflessibile e un clima di incertezza sempre maggiore tra i gestori dei locali. Con alcuni aspetti un po’ paradossali: se uno dei temi era quello di limitare la diffusione della musica al di fuori dei locali in una situazione di far west, oggi c’è chi ha paura di mettere qualche canzone anche solo in filodiffusione. C’è un esempio ormai di scuola: il Bar Florio in piazza San Domenico a Villanova è stato multato perché la musica all’interno del locale si sentiva anche all’esterno, a ora non tarda. La contestazione era che la musica dentro il bar “intrattenesse” i clienti seduti ai tavolini fuori. Il regolamento parla di “rispettare i limiti di emissioni sonore individuati negli atti di pianificazione settoriali, con adozione di misure idonee a impedire la propagazione dei suoni all’esterno dei locali”. L’interpretazione del fatto che il locale dovesse avere la porta chiusa per evitare la propagazione del suono è “estensiva”: non è scritto da nessuna parte nel regolamento. E del resto un locale che lavora coi tavoli esterni non può tenere chiusa la porta, non fosse altro che per consentire ai camerieri di portare i vassoi fuori. Quindi l’alternativa secca è che non ci sia musica. Ed è una strada quasi tutti i locali hanno percorso.
“Bisogna fare un ragionamento su passato, presente e futuro – dice Emanuele Frongia, imprenditore e presidente della Fipe Confcommercio Sud Sardegna -. Prima non c’era un regolamento e ognuno faceva quello che voleva, anche musica fino alle cinque del mattino senza limiti. Però era pochi casi, Cagliari non era conosciuta come città turistica e i cittadini fruivano della musica in alcuni casi e la cosa finiva lì”. Poi la città ha iniziato a trasformarsi e a essere vissuta diversamente: piazze vissute, strade del centro storico con tavolini all’aperto, un cambiamento che investe diverse zone della città con aspetti positivi e alcuni negativi. Uno di questi è stato quello che alcuni residenti hanno iniziato a lamentare del rumore fino a tarda notte, prendendosela coi locali anche per il chiasso che si produceva per strada. Quindi le amministrazioni – a cui i residenti chiedono conto del rumore – devono trovarsi a mediare. Lo strumento è quello di un Piano di risanamento acustico che però pone ulteriori limiti rispetto a quelli già presenti. “L’ultima versione approvata quest’anno penalizza ulteriormente i locali senza dare alcun beneficio ai residenti – spiega Frongia -. Il piano stabilisce coefficiente di suolo pubblico, orari di chiusura: non era ancora approvato ma dava già delle indicazioni ai dirigenti del Comune, che devono mettere la firma e dovranno metterla anche in futuro. Quindi l’interpretazione estensiva del regolamento è stata fatta alla luce delle indicazioni del Piano. Anche sulle emissioni di musica fuori dai locali: se il regolamento serve per sanzionare chi esagera, finisce poi per colpire chiunque metta musica. Il problema nasce da lì”. Per il futuro – specie ora che si insedia la nuova Giunta guidata da Massimo Zedda – bisognerà per forza fare un ragionamento. Perché qui parliamo più in generale di una idea di città da portare avanti, di qualità della vita e di fruizione di attività culturali. “Se ci troviamo di fronte a tante realtà che presentano delle irregolarità, fino al novanta per cento degli imprenditori, vuol dire che la norma non funziona – dice Frongia -. D’estate è difficile immaginare che non ci sia un posto dove ascoltare musica in centro. E non sono molto d’accordo quando si dice che bisogna spingere la movida da un’altra parte: andare fuori dove? Una città ha bisogno di musica e di cultura e Cagliari è sempre meno appetibile per i giovani, che vanno via. C’è anche un problema di lavoro. Noi abbiamo sempre combattuto a favore della legalità ma è evidente che c’è qualcosa che non sta funzionando”.
Sul fatto che si dovrà intervenire la nuova maggioranza in Consiglio sembra essere d’accordo. “La questione si porrà e non per forza in termini di allargamento delle maglie – spiega Matteo Massa, consigliere comunale dei Progressisti -. La genesi del divieto di musica all’esterno dei locali partiva da un ragionamento e dalla necessità di evitare cumulo di musica, specie in certe zone: se tutti locali ne avessero e anche a certi volumi sarebbe un problema. Qualunque ragionamento si farà da qui in futuro non può non tenere in considerazione anche di alcune aree di disagio per i residenti”. Secondo Massa bisogna tenere in considerazione il diritto al riposo e alla salute trovando una soluzione politica di equilibrio, perché poi il rischio è che “in alcune zone dove il rumore impatta particolarmente potrebbe intervenire un giudice”. Il consigliere apre a modifiche del regolamento, “con la diffusione della musica entro certi limiti orari” e provando a fare ragionamenti complessivi sulla città. “Possiamo individuare spazi di fruizione più liberi per l’offerta musicale e culturale e non parlo per forza di grandi concerti”, dice Massa. Che anticipa anche l’orientamento della maggioranza su un altro aspetto: “Cagliari rischia di non avere una pianificazione culturale estiva – dice – e dobbiamo cercare di snellire le procedure per le richieste in deroga per eventi culturali e musicali. Faccio un esempio: perché non consentire di piazzare un palchetto in pizza San Domenico due volte al mese? Snellisco le procedure, trovo un equilibro, ti aiuto e non lo rendo impossibile. Sarebbe una cosa positiva per la città. Potrebbe essere un atto di indirizzo o una delibera, per pianificare l’estate”. E sulle sanzioni già comminate agli esercenti, che nel cumulo rischiano di far perdere le licenze ai locali: “Al di là delle modifiche al regolamento, valuteremo anche di riassorbire alcune situazioni sanzionatorie”.