Si fa presto a dire ‘carta’, in realtà la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi), che contiene le indicazioni per individuare le aree potenzialmente in grado di ospitare il deposito di superficie per le scorie nucleari italiane, sarebbe un ‘documento monstre’ composto da migliaia di pagine. Infatti, a quanto appreso dall’agenzia Dire, si tratterebbe di 3mila elaborati cartografici e 12mila pagine di testo. Non solo: vista l’attesa e in qualche caso la tensione che c’è attorno all’indicazione delle aree potenzialmente adatte ad ospitare il deposito, le misure di sicurezza per garantire la riservatezza sono severe. Ad esempio, sempre a quanto si apprende, i testi sono protetti da “una blindatura di tipo industriale”, cioè sono state messe in campo tutte le prassi di sicurezza che riguardano segreti industriali di valore. Chi dovesse infrangere le barriere della riservatezza rischierebbe quindi anche conseguenze sul piano penale.
Oltretutto, vista sempre la necessaria riservatezza sui documenti, tutti coloro che hanno lavorato alla redazione della carta hanno dovuto firmare un ‘non disclosure agreement’, un Accordo di non divulgazione su informazioni confidenziali che le parti si impegnano a mantenere segrete pena la violazione dell’accordo stesso e il decorso di specifiche clausole penali. La pubblicazione della Carta e quella contestuale del Progetto Preliminare del deposito apriranno una fase di consultazione pubblica e di condivisione, che culminerà in un seminario nazionale, dove saranno invitati a partecipare tutti i soggetti coinvolti ed interessati. Il deposito nazionale “è un’infrastruttura ambientale di superficie dove mettere in totale sicurezza i rifiuti radioattivi- ricorda Sogin dal suo sito- la sua realizzazione consentirà di completare il decommissioning degli impianti nucleari italiani e di gestire tutti i rifiuti radioattivi, compresi quelli provenienti dalle attività di medicina nucleare, industriali e di ricerca”. Insieme al deposito sarà realizzato il Parco tecnologico: un centro di ricerca, aperto a collaborazioni internazionali, dove svolgere attività nel campo del decommissioning, della gestione dei rifiuti radioattivi e dello sviluppo sostenibile in accordo con il territorio interessato. Il Deposito – spiega Sogin dal suo sito- è una struttura con barriere ingegneristiche e barriere naturali poste in serie, progettata sulla base delle migliori esperienze internazionali e secondo i più recenti standard Aiea (Agenzia internazionale energia atomica) che consentirà la sistemazione definitiva di circa 75 mila metri cubi di rifiuti di bassa e media attività e lo stoccaggio temporaneo di circa 15 mila metri cubi di rifiuti ad alta attività. Dei circa 90 mila metri cubi di rifiuti radioattivi, il 60% deriverà dalle operazioni di smantellamento degli impianti nucleari, mentre il restante 40% dalle attività di medicina nucleare, industriali e di ricerca, che continueranno a generare rifiuti anche in futuro. “Il trasferimento dei rifiuti radioattivi in un’unica struttura garantirà sia la totale sicurezza per i cittadini e l’ambiente sia il rispetto delle direttive europee- conclude Sogin- allineando l’Italia ai Paesi che da tempo hanno in esercizio sul loro territorio depositi analoghi”.