Trentaquattro persone sono state denunciate dalla procura di Lanusei nell’ambito di un’indagine sul commercio illecito di reperti archeologici. Si tratta di un fenomeno noto da tempo alle forze dell’ordine dell’Isola che prende avvio da scavi clandestini effettuati in diversi siti nuragici sardi. L’indagine ha preso piede nel 2016 dopo un blitz al nuraghe Orzili nel territorio di Arzana. I passi successivi hanno permesso agli investigatori di scoprire diverse associazioni a delinquere sparse nell’Isola, tutte collegate tra di loro: individuata una banda attiva in Ogliastra, una nel Cagliaritano e un’altra nella Baronia. Secondo la ricostruzione della Procura i componenti dei diversi gruppi risultavano essere legati da un vincolo associativo molto solido che gli ha permesso di mantenere continui contatti per l’attività di ricerca, l’aggiornamento sull’andamento degli scavi in corso, lo scambio di informazioni circa il valore e i diversi canali di vendita dei reperti archeologici già in loro possesso. Lo sbocco privilegiato per la vendita era il mercato francese grazie al contatto con un emigrato ogliastrino oltralpe.
Trentaquattro persone risultano indagate nell’inchiesta “Dea Madre” coordinata dal procuratore di Lanusei, Biagio Mazzeo, che ha notificato loro gli avvisi di conclusione indagine. Le accuse, a vario titolo, vanno dall’associazione per delinquere alle esportazioni illecite, dalla ricerca archeologica senza concessione al possesso di beni culturali appartenenti allo Stato, dalla contraffazione di opere d’arte alla ricettazione, furto aggravato ed estorsione. Contestati anche i reati di coltivazione, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, minacce aggravate e danneggiamento a seguito di incendio, uso/sottrazione di cose sottoposte a sequestro, favoreggiamento personale e inosservanza delle prescrizioni cautelari imposti dall’autorità giudiziaria. L’indagine condotta dai carabinieri della Compagnia di Lanusei con gli agenti del locale commissariato, il Corpo forestale e di vigilanza ambientale e i militari della Tutela del patrimonio culturale di Cagliari, è stata avviata nell’agosto 2016 e il lavoro investigativo ha fatto emergere diverse associazioni a delinquere sparse nell’isola e composte da almeno tre gruppi principali localizzati ad Arzana, in Baronia, sempre nel Nuorese, e a Cagliari, “legati tra loro – fanno sapere gli inquirenti. – da un solido vincolo associativo che si muoveva in un contesto criminale ben più ampio, come il traffico di armi clandestine, furti e rapine”. Per questi ultimi reati – che hanno prodotto altri due rami di inchiesta – denominate Diablo e Diablo 2 – erano stati arrestati nel 2018 tre arzanesi, Vincenzo Marongiu, Nicolò Piras e Federico Laisceddu, tutti indagati anche nell’inchiesta sugli scavi archeologici. Le indagini hanno permesso il recupero di diversi reperti che, sottoposti ad esame dai funzionari delle Soprintendenze di Cagliari e Sassari, sono stati valutati di notevole interesse storico-scientifico.