Dopo i rimpalli e le richieste di chiarimenti degli ultimi mesi, sta per scoccare l’ora in cui la carta delle aree potenzialmente idonee ad ospitare il deposito unico delle scorie radioattive (Cnapi) verrà desecretata. È stato lo stesso Giuseppe Zollina, presidente della Sogin – la società del Ministero dell’Economia incaricata del decomissioning del combustibile radioattivo (e non solo) presente negli ex impianti nucleari della penisola – a darne notizia. Per Zollina, la rosa delle possibili destinazioni verrà resa pubblica entro il 15 giugno e “da allora ci saranno solo due mesi di tempo per presentare le controdeduzioni al progetto del deposito”, spiega Bustianu Cumpostu, una della anime del movimento antinuclearista sardo. Ma, in Sardegna, sveglie, campane e sirene si faranno sentire già alle ore 11 del 7 giugno. Per la mattinata di domenica prossima è infatti prevista la NoNucle die- NoNucle day indetta dai comitati che si battono contro il nucleare. Si tratta di una manifestazione diffusa che andrà in scena nelle piazze di Cagliari, Sassari, Nuoro, Oristano e Olbia, Bosa, Porto Torres e Scano Montiferru. Al suono di sveglie, sirene e campane i partecipanti si sdraieranno a terra per manifestare la propria contrarietà all’ipotesi che l’Isola venga scelta come sede per lo stoccaggio di decine di migliaia di mc di scorie a bassa, media ed alta intensità, rivendicando oltretutto l’esito del referendum del 2011. Allora circa 850.000 sardi dissero no alla possibilità che la Sardegna ospitasse le scorie nucleari provenienti da tutt’Italia.
“Alla mobilitazione sono invitati tutti i cittadini, gli emigrati, le stituzioni civili, le istituzioni ecclesiastiche, le associazioni di volontariato, i comandi antincendio, le autorità portuali, le associazioni di categoria e tutti quelli che operano in Sardegna in qualsiasi campo. Si tratta di assumersi la responsabilità generazionale che a tutti deriva dal fatto che il futuro della Sardegna dipenderà dall’impegno con cui oggi sapremo difenderla dal disastro del gravame nucleare”, si legge nel comunicato diffuso dall’organizzazione. Un antipasto dell’iniziativa del 7 lo si avrà il giorno prima, con un’analoga iniziativa nelle scuole, dove gli studenti sono invitati a sincronizzare la sveglia dei propri cellulari alle ore 11 e ad interrompere la lezione per qualche minuto.
La NoNucle day è il frutto di una mobilitazione partita ormai da diversi mesi. Al fianco dei comitati che si battono contro il nucleare sono già scese in campo la chiesa sarda e la Regione, con la votazione in Consiglio regionale di un ordine del giorno unitario e la presa di posizione del presidente della giunta Francesco Pigliaru. Nel frattempo, hanno espresso la loro contrarietà all’isola-deposito anche a 60 amministrazioni comunali, tra cui grossi centri come Quartu, Sinnai, Nuoro, Olbia. Insomma, il movimento contro le scorie gode di un appoggio trasversale e diffuso.
“E non potrebbe essere diversamente – spiega Marco Mameli del comitato No Nucle – No scorie – , nel caso in cui la scelta della sede in cui stoccare le scorie radioattive ricada sulla Sardegna, saremmo in presenza dell’ennesimo gravame che minerebbe alla base le possibilità di sviluppo di un territorio già vessato da servitù di tipo industriale, energetico e militare”.
Le scorie, e in modo particolare quelle ad alta intensità, fanno paura e non potrebbe essere diversamente, visto che hanno tempi di decadimento di centinaia di migliaia di anni e rappresentano il 95% della radioattività dei rifiuti da decomissionare. Ed è proprio sulle cosiddette scorie di terzo livello che si è accesa la polemica nei mesi scorsi. Era stato il presidente dell’Isde Sardegna Vincenzo Migaleddu a denunciare una certa confusione nei calcoli effettuati da Ispra e Sogin. “Se per l’Ispra le scorie ad alta intensità sono 1770 mc in tutto, la Sogin ne conteggia 15.200 mc”, aveva dichiarato Migaleddu a Sardiniapost. A conti fatti, tra pregressi al 31.12.2012 e futuri, per Sogin le scorie ad alta intensità sono presenti in quantità dieci volte maggiori rispetto a quella dichiarata da Ispra. Così si trova scritto nella relazione firmata dal direttore del Deposito unico e del Parco tecnologico Fabio Chiaravalli. La ragione di tale discrepanza è presto detta: nella carta dei produttori e dei detentori di rifiuti radioattivi presenti in Italia pubblicata da Sogin, tra cui compaiono le maggiori acciaierie italiane. Insomma, non si tratterebbe solo di un deposito per lo stoccaggio di combustibile radioattivo, ma di una vera e propria discarica industriale.
Ad ogni modo, “non esiste nessuna struttura costruita dall’uomo che dia garanzie per la conservazione dei rifiuti radioattivi di alta intensita”, spiega ancora Mameli. E aggiunge: “Per questo motivo, occorre mettere in sicurezza le scorie laddove si trovano ovvero nelle vecchie centrali nucleari, evitando di contaminare altri luoghi e di alimentare il business delle grandi opere e del malaffare”.
E in effetti finora la stragrande maggioranza dei tentativi di mettere in sicurezza le scorie ad alta intensità tramite la costruzione di depositi geologici in profondità sono falliti: negli Stati uniti, esiste sì il WIPP (Waste Isolation Pilot Plant), un deposito di smaltimento geologico in funzione negli USA dal marzo 1999, riservato ai rifiuti contenenti plutonio di produzione militare, è invece naufragato il progetto di deposito sotto la Yucca Mountan in Nevada. Già parzialmente costruito e costato al governo federale 7,7 miliardi di dollari, al sito si è opposto Obama per via dell’instabilità geologica riscontrata nell’area. Insomma, se il problema è la sicurezza, stoccare i rifiuti nucleari, specie quelli ad altra intensità, diventa un azzardo. Lo insegna la storia del deposito sperimentale di Asse, in Germania, un ex cava di sale situata tra Amburgo e Hannover. Sebbene quel sito sia stato inizialmente ritenuto a tenuta stagna, si è palesato il rischio di infiltrazioni d’acqua. Ed è così che oggi, in Germania, gran parte dei rifiuti nucleari vengono stoccati a Gorleben, piccolo centro a 80 km da Amburgo, inizialmente previsto come deposito temporaneo. La situazione non cambia in giro per l’Europa, dove al momento esistono solo depositi di superficie, da considerare come temporanei in relazione alle scorie più radioattive. In Francia, è in fase di costruzione un laboratorio sotterraneo a Bure, nell’est del Paese, per studiare la fattibilità di un deposito geologico in una formazione di argilla. In Svezia sono invece arrivati a individuare un sito per lo stoccaggio geologico delle scorie dopo 30 anni di studio, ma il progetto non è ancora operativo.