Sardi sempre più poveri e poche nascite: l’allarme dalle Acli

Allarme povertà e natalità in Sardegna: quasi un sardo su dieci nell’ultimo anno si è ritrovato nella condizione di non potersi permettere neppure un pasto caldo al giorno e in otto centri su dieci della nostra isola nel 2015 i morti hanno superato i nati.
Partendo da questi dati, le Acli sarde domani, in occasione del tredicesimo congresso regionale ‘Niente paura. Con le Acli attraversiamo il cambiamento..per una Sardegna più giusta’ che si terrà a partire dalle 9 nel Seminario arcivescovile di Cagliari in via Monsignor Cogoni, analizzeranno la situazione dell’Isola e proporranno alla politica sarda una serie di idee: a cominciare dal Reis (reddito di inclusione sociale) affiancato da un sistema di presa in carico della persona.

I DATI SULLA POVERTA’
Dal 2008 ad oggi le percentuali statistiche relative alle povertà nelle accezioni relativa e assoluta, sono andate in crescendo: di circa cinque punti percentuali quella relativa e di quasi tre punti percentuali quella assoluta. Nei fatti, quindi, in pochi anni quasi un sardo su dieci si è trovato in alcuni casi nella condizione di non avere neanche un pasto caldo, acquistare indumenti, pagare bollette. Mentre quasi altri due sardi su dieci hanno fatto i conti con ristrettezze finanziarie prima sconosciute.  Sulla base dei dati del 2014 comunicati dall’Istat lo scorso anno sarebbero in condizione di povertà assoluta tra 100 e 150 mila sardi.

ALLARME NATALITA’

Se si parla di fecondità, invece, la Sardegna negli ultimi sessant’anni ha registrato un profondo tracollo. Perché se fino al 1952 l’Isola deteneva il record di 3,8 figli per donna (il migliore in Italia), nel 2015 è stato di 1,1 figli per donna, il peggiore risultato su scala nazionale. Nel frattempo è cresciuta l’età delle madri sarde al primo nato (32,4, nel 1995 era 30,5) così come il numero delle coppie senza figli. Complessivamente in Sardegna il tasso di natalità è ormai sotto il 7 per mille (6,9 dati Svimez) mentre il tasso di mortalità supera il 9 per mille. Le Acli, che monitorano costantemente lo stato di salute demografica della Sardegna, hanno registrato che, nel 2015, in ben 304 comuni sardi su 377 (l’80,6%) il saldo naturale della popolazione è stato negativo: in otto centri su dieci, in sostanza, i morti hanno superato i nati. Il fenomeno ha riguardato soprattutto i piccoli paesi interni (falcidiati dallo spopolamento) ma non ha risparmiato del tutto le città più grandi. Anche a Cagliari per esempio nel 2015 il saldo tra i nati e i morti è stato negativo (-891 unità) e la popolazione complessiva è di poco aumentata soltanto grazie al contributo degli immigrati (1.319). Anche il saldo migratorio, tuttavia, è ormai negativo in tanti paesi della Sardegna. Infatti in 225 comuni su 377 ( circa il 60 per cento) gli emigrati superano gli immigrati, soprattutto nei piccoli centri delle zone interne, dove la cicogna non arriva, i giovani scappano e neppure l’arrivo degli stranieri sembra capace di scongiurare una lenta estinzione.
“Noi abbiamo il polso generale della situazione anche grazie ai nostri servizi radicati su tutto il territorio regionale – ha spiegato Fabio Meloni, presidente regionale delle Acli – si perde sempre di più il capitale sociale umano, i giovani vanno via e le famiglie non si costituiscono e incrementa il tasso negativo di natalità, questo comporta da un lato spopolamento e dall’altra il saldo negativo”. Tutto questo quindi fa incrementare la povertà nella nostra terra, pertanto, secondo Meloni, è necessario attuare interventi immediati.


“Abbiamo istituito anche su base regionale l’alleanza contro la povertà che propone il Reis affiancato alla rete di servizi, ovvero un trasferimento economico di risorse dai 400 agli 800 euro mensili a seconda dei casi, affiancato ai percorsi di reinserimento, non solo lavorativo, ma sotto diversi aspetti”. Riguardo alle condizioni che frenano la natalità Meloni ha sottolineato che “Bisogna attivare politiche familiari, perciò non bisogna soffermarsi su ciò che è la famiglia, servirebbe una consapevolezza del problema, servono sgravi fiscali, politiche di agevolazione all’accesso al credito e servizi alle famiglie, soprattutto per la politica della prima infanzia, che consentano la conciliazione tra il lavoro e la famiglia, cose che sono state fatte in altri paesi europei”.

(foto di Roberto Pili)

Monica Magro

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