Sardegna sotto attacco (simulato): la difesa europea non reggerebbe l’urto dei missili di una potenza ostile

Cagliari colpita da missili balistici. I cieli della Sardegna attraversati da droni e cruise lanciati da una potenza ostile. Le forze armate italiane schierano il meglio della propria difesa antiaerea, ma non basta: sei missili riescono a penetrare lo scudo e colpiscono il capoluogo sardo. Nessuna vittima, per fortuna. È solo una simulazione. Ma gli esiti dell’esercitazione “Joint Stars”, conclusa pochi giorni fa, raccontano che l’Italia, e più in generale l’Europa, non sono pronte ad affrontare un attacco aereo di nuova generazione. A riferirlo è La Repubblica in edicola oggi.

Lo scenario ipotizzato riprende una tattica ormai nota sul fronte ucraino: prima un’ondata di droni per saturare le difese, poi i missili balistici, infine i cruise. Questa volta, però, il bersaglio è nel cuore del Mediterraneo. L’Italia risponde con il cacciatorpediniere Doria e una batteria terra-aria Samp-T, quanto di più avanzato offra oggi la difesa europea. Ma l’assalto simulato mette a nudo i limiti di uno scudo ancora troppo fragile.

«Abbiamo bisogno di una difesa aerea multistrato, capace di operare su più livelli, dalle basse alle alte quote», ha dichiarato il generale Nicola Pisante, come riferito dal quotidiano, sottolineando quanto oggi questo sia diventato un obiettivo prioritario. Un allarme che riecheggia anche nelle parole del nuovo segretario generale della Nato, Mark Rutte, che ha chiesto di quintuplicare la produzione di armi antiaeree e antimissile. Il motivo è sotto gli occhi di tutti: l’Ucraina brucia sistemi difensivi a un ritmo impressionante, e senza il supporto degli Stati Uniti rischia di restare senza difese entro fine giugno.

L’Europa, intanto, si scopre inadeguata. Non solo per le dotazioni limitate, ma per la lentezza del proprio sistema industriale e burocratico. Il consorzio europeo Mbda, che produce i missili Aster 30 usati anche nella simulazione in Sardegna, ha migliorato i tempi di produzione da 41 a 18 mesi, e promette di raddoppiare la capacità produttiva italiana entro il 2025. Ma resta il problema strutturale: un missile europeo attraversa quattro Paesi prima di essere completato. Il motore si fa in Italia, la guida e la testata ritornano nel nostro Paese solo dopo un lungo tour tra Inghilterra e Francia.

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