La Sardegna continua a registrare un forte deficit nella mobilità sanitaria. Nel 2022, il saldo negativo ha raggiunto i 96,3 milioni di euro, ponendo l’Isola tra le regioni italiane con una perdita moderata, ma comunque significativa. I pazienti sardi, costretti a cercare cure fuori regione, si dirigono principalmente verso le strutture del Nord Italia.
Lo rileva l’analisi effettuata dalla Fondazione Gimbe, che evidenzia come il divario tra Nord e Sud nella sanità pubblica si sta ampliando, con un flusso sempre più elevato di pazienti e risorse economiche dal Mezzogiorno verso Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto, le tre regioni più attrattive dal punto di vista sanitario. In Sardegna, il 22,8% della mobilità sanitaria è assorbito dalle strutture private accreditate, che gestiscono ricoveri ordinari, day hospital e specialistica ambulatoriale.
“Il divario tra Nord e Sud non è più solo una criticità, ma una frattura strutturale del Servizio Sanitario Nazionale – avverte Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – che rischia di aggravarsi con la recente approvazione della legge sull’autonomia differenziata. Una riforma che, senza adeguati correttivi, finirà per cristallizzare e legittimare le diseguaglianze, trasformando il diritto alla tutela della salute in un privilegio legato al CAP di residenza”.