Erano tornati a lavorare in Sardegna grazie al bando regionale del 2012 “Rientro dei cervelli” presentando una serie di documenti che certificavano come in precedenza “avessero maturato importanti esperienze professionali all’estero”, ma dalle verifiche effettuate dalla Regione Sardegna, di quei requisiti cinque dei sette “ricercatori sardi all’estero” assunti a tempo determinato ne avevano ben pochi, anzi alcuni di loro non ne avevano proprio.
Adesso la Regione, che inizialmente aveva stanziato un milione e mezzo di euro ed erogato già un milione e 50mila euro ha sospeso il finanziamento dell’ultima tranche da 450mila euro destinati all’Università di Sassari, e contemporaneamente ha presentato, il 12 gennaio scorso, una denuncia alla magistratura.
La vicenda, come riportato su “la Repubblica” in un ampio servizio firmato da Corrado Zunino il 19 febbraio scorso, era stata oggetto di due interrogazioni al Senato nel 2013 e all’Assemblea regionale due anni fa. Proprio a seguito di queste i funzionari della Regione e in particolare l’ufficio della prevenzione alla corruzione, diretto dall’avvocatessa Alessandra Camba, hanno iniziato a raccogliere i documenti relativi ai partecipanti al bando del 28 novembre 2012, denominato “Rientro dei cervelli”, grazie al quale sarebbero stati stipulati contratti triennali per ricercatori.
Sette posti di lavoro a tempo determinato per altrettanti studiosi in possesso di particolari requisiti, primo fra tutti essere “stabilmente impegnati all’estero in attività di ricerca presso istituzioni universitarie o enti pubblici o privati”. Dovevano essere laureati, italiani o stranieri, nati o residenti in Sardegna o figli di genitori sardi, dovevano avere il titolo di “dottore di ricerca”, quello di “specializzazione medica” e di un curriculum “idoneo allo svolgimento di attività di ricerca”. A corollario di tutto, una dichiarazione dell’ateneo straniero in cui veniva specificata la durata di almeno tre anni dell’attività del ricercatore.
Una serie di requisiti ben precisi di cui cinque su sette dei vincitori non sarebbero stati in possesso. Alcuni di loro, hanno riscontrato i funzionari, hanno solo“intrattenuto saltuarie relazioni scientifiche di collaborazione con istituti stranieri”, altri erano solo iscritti a corsi di studio per dottorato di ricerca, altri ancora nel periodo in cui si sarebbero dovuti trovare all’estero, lavoravano pagati in una università sarda come assegnisti di ricerca o di professori a contratto.
Tutte anomalie e irregolarità per le quali nel corso del tempo sono state mosse contestazioni formali all’Università di Sassari, senza però ottenere alcuna risposta. Il 12 gennaio è arrivata la segnalazione alla magistratura e la sospensione dell’ultima tranche del finanziamento. Secondo le accuse mosse dalla Regione, l’ateneo di Sassari avrebbe cercato di “riportare a casa” post laureati amici, anziché favorire il “rientro dei cervelli” migliori anche grazie alle specializzazioni all’estero.
Ma.Sc.