“(Ri)coltiviamo la Sardegna”: il piano di Coldiretti e Anbi per rendere l’Isola autosufficiente

Sistemare e rendere efficienti le condotte idriche esistenti, migliorare e ampliare il sistema di raccolta delle acque, eseguire interventi mirati per far arrivare l’acqua dove effettivamente è necessaria, ma non solo. Lavorare su dati certi, come quelli che sta raccogliendo Coldiretti Sardegna, per agire in funzione delle effettive esigenze degli agricoltori.

La gestione delle risorse idriche è uno dei punti principali della piattaforma “(Ri)coltiviamo la Sardegna” che Coldiretti Sardegna sta portando avanti per ampliare il territorio coltivato in tutta l’Isola, dove attualmente si utilizzano poco più del 30% degli ettari di terreni coperti dalla rete irrigua. Insieme ad Anbi Sardegna, l’associazione che rappresenta i Consorzi di bonifica, si punta a incentivare la coltivazione di 100mila ettari di terra, ampliando da un lato la produzione di mangimi e dall’altro recuperando ampi appezzamenti di terra attualmente non coltivati. Per farlo bisogna prima di tutto intervenire sulla rete irrigua. Gavino Zirattu, presidente di Anbi Sardegna, fa il punto della situazione attuale, focalizzando l’attenzione su cosa andrebbe fatto, anche in tempi brevi, per migliorare la situazione.

“Siamo la regione in Italia con il numero più alte di dighe – evidenzia – questo ci ha consentito di uscire dalla drammatica siccità degli anni Ottanta, Novanta e 2000. Gli invasi sono fondamentali per la nostra regione: abbiamo un clima che concentra le precipitazioni in autunno, in un periodo in cui non ci servirebbe tutta quell’acqua e senza gli invasi si perderebbe. È proprio grazie a questi che si riesce a gestire la situazione”.

E il presidente Anbi precisa: “Abbiamo degli invasi molto grandi, basti pensare alla diga di Santa Chiara la più grande d’Europa e sono state realizzate le interconnessioni tra le dighe che consentono di far arrivare l’acqua anche nei luoghi dove non si sono registrate precipitazioni. Allo stesso tempo le interconnessioni permettono di accumulare altra acqua anche quando alcuni invasi sono pieni”.

Zirattu, prima di fare il punto sui problemi esistenti, ribadisce: “Abbiamo un potenziale importante: noi invasiamo complessivamente in Sardegna circa un miliardo e 950milioni di metri cubi. Di questi, 750milioni l’anno sono più o meno il fabbisogno, tra idropotabile, agricoltura e industria. Dei 750milioni di metri cubi, 450 vanno soprattutto in agricoltura, alle imprese agricole e ai consorzi”.

Ma ci sono criticità che devono essere al più presto affrontate. “Ci sono cose che non funzionano – sottolinea il presidente di Anbi Sardegna – come il quadro normativo esistente che non consente di utilizzare al meglio l’acqua che invasiamo e allo stesso tempo non permette di recuperare altre possibili risorse che potrebbero integrare quelle attuali. Con Coldiretti Sardegna pensiamo di portare avanti un piano per rilanciare l’agricoltura in Sardegna. Per questa ragione bisogna ricordare a tutti che l’80 per cento del cibo è irriguo”.

“Quello che sta avvenendo negli ultimi anni e recentemente la guerra in Ucraina ci sta imponendo di pensare in un altro modo e di ritornare all’autoproduzione – evidenzia ancora Zirattu -: in questo momento non abbiamo più grano, mais. In Sardegna, utilizzando al meglio le risorse che abbiamo a disposizione potremmo diventare quasi completamente autosufficienti”. E il presidente di Anbi affronta il fulcro del problema: “Se irrigassimo il territorio servito in questo momento passeremmo da circa 70mila ettari irrigati a circa 130-150mila: attualmente ne stiamo irrigando solo un terzo – ribadisce -. Se ci fosse la possibilità di realizzare qualche altro invaso e opere altre opere che sarebbero sostenibili, otterremmo grandi risultati. Dobbiamo lavorare in questo senso”.

Poi c’è la questione legata alla situazione delle reti irrigue “realizzate circa 30, 40 o 50 anni fa che hanno finito il loro ciclo e questo fa si che si perda si perda una certa percentuale di acqua – sottolinea Zirattu -. Bisogna pensare di realizzare un piano di manutenzione straordinaria. Noi stiamo facendo tanto, ma la rete è comunque molto datata e bisogna rivedere tutto anche con un un piano straordinario di intervento”. Il presidente Anbi ricorda che “i 12mila chilometri di condotte per uso irriguo presenti attualmente sono state realizzate nel passato e non tutti gli ettari di terreno che erano stati attrezzati ne avevano effettivamente bisogno. Oggi ci sono molte aziende e molti imprenditori che meritano di essere serviti dalle condotte di irrigazione. Bisogna portare avanti, quindi, interventi mirati che vengano in contro agli agricoltori senza sprechi di denaro pubblico”.

Infine secondo il presidente Anbi è necessario portare avanti quanto sta già facendo Coldiretti Sardegna: “Dobbiamo fare un’analisi reale delle necessità, di quello che serve effettivamente, guardando prima di tutto al fabbisogno locale”. Un ruolo importante lo devono rivestire i Consorzi di bonifica e le imprese che operano nei territori dei consorzi “che possono fornire enormi benefici anche a chi opera al di fuori”. Per il presidente di Anbi Sardegna, “bisogna fare impresa, non solo assistenza – sottolinea -bisogna fare un’analisi seria e puntuale e proporre agli agricoltori attraverso dei contratti di coltivazione o attraverso altre soluzioni da individuare, una serie di interventi in modo da abbattere i costi che ricadono sui consorzi e di conseguenza sugli agricoltori”.

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