Le indagini sulla liquidazione del quotidiano l’Unità, fondato da Antonio Gramsci nel 1924, sono finite. Tra gli undici indagati, accusato di bancarotta fraudolenta aggravata, c’è il patron di Tiscali, Renato Soru, all’epoca dei fatti europarlamentare del Pd. Soru, proprio su richiesta del Partito democratico, nel 2008 mise mano al portafoglio per salvare la storica testata. È finita con un’accusa formulata dalla Procura di Roma nel 2017.
L’ex eurodeputato entrò all’Unità rilevando due società; la Nie, Nuova iniziativa editoriale, e la Nsef, Nuova società editrice finanziaria. La prima pubblicava il quotidiano, la seconda ne deteneva la proprietà. Dal 2008 al 2012 Soru era di entrambe l’azionista di maggioranza, ma senza incarichi amministrativi. Nei rispetti Cda non ha mai ricoperto alcun ruolo. Dopo il 2012 le sue quote si ridussero progressivamente sino a diventare minoritarie nella compagine societarie.
L’estraneità di Soru alla gestione di Nie e Nsef è il punto chiave della difesa, in mano all’avvocato del Foro di Cagliari, Fabio Pili, il penalista di riferimento dello studio associato Macciotta. Il legale di Soru ha adesso venti giorni di tempo per fornire al Pm tutto il materiale necessario a smontare l’accusa. Sostanzialmente l’avvocato di Soru ha costruito la strategia difensiva intorno alla perizia chiesta a Daniela Saitta, commercialista e docente di Matematica finanziaria alla Sapienza.
Contattato da Sardinia Post, Soru dice: “Vengo accusato per due fatti irragionevoli, io non ho mai toccato nemmeno una penna”. Di certo in questi cinque anni l’indagine che accusa Soru è passata di mano: il magistrato inquirente originario, Stefano Rocco Fava, è finito sotto processo del cosiddetto ‘Scandalo Procure’, per il quale Fava è imputato insieme all’ex presidente dell’Anm, l’Associazione nazionale magistrati, Luca Palamara.
L’attuale pm è Maria Teresa Gerace: da Fava ha ereditato anche la perizia del commercialista che fa parte del fascicolo accusatorio contro Soru. L’ex pubblico ministero affidò l’esame dei bilanci di Nie e Nsef al commercialista Andrea de Giorgio, salito agli onori delle cronache lo scorso luglio per essere amico fraterno ed ex compagno di scuola di Palamara. Nota a margine: De Giorgio, per sua stessa ammissione, risulta essere il prestanome di Palamana nella proprietà di un chiosco in Sardegna, il Kando beach a Porto Istana, baia smeralda e gallurese che guarda all’isola di Tavolara.
Al Gup,, Soru e il suo legale difensore devono spiegare daccapo i fatti de l‘Unità, a cominciare dai quasi tre milioni di euro di azioni che il patron di Tiscali aveva trasferito dalla Nsef alla Nie con l’obiettivo di “portare in capo a Nuova iniziativa editoriale il 100 per cento della testata”, aveva scritto Soru già nel 2017 in un lungo post pubblicato su Facebook. Obiettivo: “Rafforzare il patrimonio della società, oltre a poter procedere alla fusione tra la spa operativa e quella proprietaria della testata al fine di semplificare la gestione e risparmiare costi inutili” (leggi qui).
Quella posizione non è cambiata cinque anni dopo. Quei tre milioni di azioni, per entrare nel dettaglio del conto economico, corrispondevano al 35 per cento del capitale della Nsef, ma per l’ex pm Fava si trattava di un’operazione “priva di ragione economica” pensata per “creare finti aumenti di capitali e futuri crediti” attraverso “modifiche ingannevoli dei bilanci”. Soru, invece, ha sempre ribadito che quel 35 per cento di partecipazione spostato da una società all’altra “avvenne in forma gratuita, senza intascare niente e rinunciando al credito”.
Il nuovo Pm ha chiesto per Soru e per gli altri undici indagati il rinvio a giudizio. L’udienza davanti al Gup è fissata per il prossimo 3 maggio. Per Soru sarà anche l’occasione per fare il punto sull’investimento all’Unità, costato al patron di Tiscali una ventina di milioni di risorse proprie. Di certo la Nie non è mai fallita, ma è stata liquidata attraverso un corcordato. Nel 2012 il pacchetto di maggioranza de l’Unità passò in mano all’imprenditore pisano Maurizio Mian.