“Quell’olio era finito anche in profondità, compromettendo il nostro lavoro e costringendoci a girare al largo dell’Asinara per andare a pescare verso Stintino, con aggravio dei costi e un clamoroso calo nelle vendite”, così i pescatori di Porto Torres chiamati a testimoniare dai legali delle parti civili nell’ambito del processo a carico del direttore dello stabilimento di Fiume Santo, Marco Bertolino, dell’Ad di E.On Produzioni, Salvatore Signoriello, e dell’allora manager di Enelpower, Francesco Capriotti. Sono ritenuti i responsabili della marea nera, ossia i 40mila litri di olio combustibile che la notte fra 10 e 11 gennaio 2011, per la rottura di un tubo, si riversarono in mare dalla banchina di Fiume Santo, causando un disastro ambientale. Oggi in aula è intervenuto anche il sindaco di Castelsardo, Franco Cuccureddu, all’epoca dei fatti assessore comunale del Turismo e consigliere regionale. “Per la nostra comunità è stato un gravissimo danno d’immagine ed economico”, ha spiegato Cuccureddu, secondo il quale “dopo quel che accadde molti tour operator cancellarono le proprie prenotazioni, ma ancora oggi sul web il nome del nostro paese è spesso associato a quell’evento”. Lo sversamento interessò l’intero golfo e deturpò uno dei paesaggi più belli del Mediterraneo. L’olio si spiaggiò fra Platamona e Marritza lasciando tracce sui litorali e sulle coste della Gallura, senza risparmiare Porto Torres e il Parco nazionale dell’Asinara.
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