Poveri e familiari usati come prestanome per evadere il fisco, arrestato imprenditore

Un imprenditore di Sanluri, attivo nel settore della pubblicità, è stato arrestato in esecuzione a una sentenza di secondo grado che ha confermato una condanna a cinque anni per evasione fiscale e altri reati tributari. Il provvedimento è diventato esecutivo lo scorso 27 giugno e chiude un lungo processo in cui è emerso un giro di prestanome utilizzando familiari e persone in stato di povertà.

Il nome dell’arrestato non è stato diffuso. L’uomo si occupava di distribuire materiale pubblicitario e per questo aveva costruito un vero e proprio impero. Oltre a cinque anni di carcere è stato anche condannato all’interdizione legale (per tutta la durata della detenzione la gestione delle aziende è affidata a un curatore) e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici.

La sentenza di condanna è l’epilogo di una complessa attività di indagine cominciata dalla Guardia di finanza oltre otto anni fa. In seguito all’attività ispettiva fiscale, Equitalia aveva emesso, nei confronti dell’imprenditore, cartelle esattoriali per l’importo di circa un milione. Secondo la ricostruzione delle Fiamme gialle, l’uomo si serviva di familiari e disoccupati in situazione di povertà come prestanome.

Precisamente, per eludere il fisco il contribuente moroso aveva eseguito cessioni di quote aziendali e costituito quattro società a responsabilità limitata allo scopo di continuare l’attività pubblicitaria già consolidata negli anni precedenti ma senza comparire. Ma le verifiche fiscali eseguite nei confronti delle srl hanno permesso di constatare l‘occultamento di ulteriori 2.800.000 euro di ricavi, di cui 540mila di Iva non pagata. Non solo: le assunzioni di 12 collaboratori sono risultate irregolari, ciò che ha determinato l’applicazione di una sanzione amministrativa ulteriore per un importo di 130mila euro.

Contestualmente alla condanna, per l’imprenditore è scattata la confisca dei beni che furono sottoposti a sequestro preventivo nel corso delle indagini. Il patrimonio portato via ammonta infatti a un milione di euro.

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