Continua la protesta dei lavoratori della Portovesme srl, nel Sulcis, riuniti in assemblea permanente da ieri, nel piazzale dell’azienda, con presidio nella portineria degli appalti, dove sono state anche piazzate alcune tende. Quattro lavoratori dell’impianto Kss si trovano anche asserragliati sulla ciminiera, a 100 metri di altezza. La protesta, corredata da un comunicato, è stata messa in atto per porre in modo forte il tema del caro energia e della fermata di quasi tutti gli impianti della Portovesme srl che metterebbe a rischio 1300 buste paga.
Lo sfogo dei lavoratori: “Questo non è un colpo di testa, ma è un’azione a sostegno delle vertenze e delle iniziative messe in atto sino a ora dalle Rsu e dai sindacati. Noi a questo punto abbiamo la necessità di avere un incontro urgente al ministero per aprire un confronto nazionale. Non bastano le rassicurazioni, ma per farci scendere servono impegni seri e forti. Tutte le iniziative pacifiche che abbiamo non hanno portato nessun risultato. Da un anno e mezzo che stiamo subendo questa crisi e gradualmente la società, senza una soluzione sul fronte del prezzo dell’energia, sta limitando i reparti marcia: non possiamo più aspettare”, aggiungono gli operai, che stanno sfidando il gelo e la pioggia a 100 metri di altezza.
Nel comunicato degli operai c’è scritto: “Il 28 febbraio è la data entro la quale si devono presentare le soluzioni tecnico-giuridiche per interrompere la procedura di fermata dell’80 per cento delle attività della società, con la chiusura di interi reparti e dell’impianto di raffinazione di San Gavino Monreale – scrivono gli operai nella nota -. La situazione, legata al caro energia e le proposte di risoluzione sono state sottoscritte lo scorso 20 gennaio durante l’incontro tra la Regione Sardegna, Portovesme Srl, Rsu Portovesme Srl e Segreterie Territoriali Filctem Cgil, Femca Cisl, Uiltec Uil e le confederazioni territoriali Cgil, Cisl e Uil”.
Speranze disattese: “Purtroppo, con grande rammarico quella data è arrivata senza che ci sia stato nessun atto concreto, sia di tipo commerciale tra privati, che di fonte governativa e/o legislativa per calmierare il prezzo e garantire la continuità produttiva – aggiungono -. Prendiamo atto che gli incontri e le buone intenzioni emerse durante gli incontri con i parlamentari sardi nei mesi scorsi e il ruolo della Regione Sardegna non hanno prodotto un risultato tangibile. Ad oggi i livelli istituzionali non hanno messo in campo nessuna iniziativa finalizzata a modificare le azioni dell’azienda”.
Le procedure di cassa integrazione sono partite “mettendo addirittura in taluni casi i lavoratori gli uni contro gli altri, come si è potuto constatare in questi giorni negli appalti, anello debole del sistema produttivo che andrebbe maggiormente tutelato così come i lavoratori somministrati”, concludono.