Prima un sit-in davanti allo stabilimento, poi un’assemblea per spiegare ai lavoratori le ragioni di una vertenza che sta diventando di giorno in giorno sempre più preoccupante. Questa mattina a Porto Torres si è svolto lo sciopero generale di 8 ore proclamato in maniera unitaria da Cgil, Cisl e Uil in tutti gli impianti italiani. Circa 200 operai edili, metalmeccanici e dei servizi si sono schierati in maniera compatta con i colleghi del settore petrolchimico, in lotta contro il piano di cessione delle quote di Versalis da parte di Eni. La giornata ha avuto inizio alle 6.30 davanti ai cancelli dello stabilimento. Poi, intorno alle 9, l’appuntamento nella mensa aziendale per fare il punto della situazione. “Lo scenario che si sta preparando conferma le nostre più cupe previsioni – ha detto il segretario nazionale della Femca Cisl, Gianluca Bianco -. Eni ci ha confermato che intende vendere Versalis. Una cessione che rischia di compromettere seriamente il progetto di riconversione degli impianti di Porto Torres in funzione della chimica verde”. Significativa la presenza da parte delle istituzioni, con sette rappresentanti dei Comuni del nord Sardegna. Nei giorni scorsi, con una lettera inviata a sindaci del territorio, Cgil, Cisl e Uil avevano chiesto il sostegno dell’intero mondo politico.
La vertenza ha avuto inizio quando Eni ha manifestato la volontà di cedere quote di maggioranze di Versalis, la società che si occupa di chimica e di ricerca, per concentrarsi così sulla ricerca e l’estrazione di petrolio e gas. La multinazionale, nei giorni scorsi, ha rassicurato i lavoratori del settore chimico nel corso di un vertice a Roma alla presenza del ministro per lo Sviluppo economico, Federica Guidi, spiegando che la ricerca di un partner che possa acquisire quote di maggioranza da Versalis sta seguendo precise condizioni: la garanzia del mantenimento dei livelli occupazionali per 3 anni e la garanzia del mantenimento degli investimenti sul fronte della chimica verde per almeno 5 anni. Ma ai lavoratori queste rassicurazioni non bastano. “Non è assolutamente credibile una cessione del 70 per cento della società perché altre operazioni simili, nel recente passato, non hanno prodotto nulla di buono – dice Giovanni Tavera, segretario della Uiltec Sassari – . In particolare, secondo i sindacalisti la scelta del fondo americano Sk Capital non può essere considerata credibile né accettabile. “Se Eni intende scegliere un partner, occorre che lo faccia trovando interlocutori affidabili: il fondo Sk Capital è totalmente privo di solidità, con appena 18 dipendenti e un capitale sociale di 1,5 miliardi”.
La dismissione della chimica potrebbe avere ripercussioni sugli stabilimenti di Porto Marghera, Ferrare, Mantova, Ravenna, Brindisi, Priolo, Ragusa e Porto Torres. Il progetto della chimica verde è stato accolto nella città turritana come uno spiraglio di luce in un contesto di desertificazione industriale: un investimento importante (500 milioni di euro) incentrato sulla creazione di plastiche bio attraverso la società Matrìca che avrebbe fatto parte di una filiera completamente vegetale. Con l’uscita di scena di Eni, l’intero progetto rischia di perdere investimenti, asset e livelli occupazionali.
Michele Spanu
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