Piazza Tahrir vista da Cagliari. Hijazi: “Sarei sceso per Morsi”

Tutto il mondo ha osservato con il fiato sospeso le immagini in diretta da piazza Tahrir, Il Cairo, con l’esercito e i carri armati pronti a dar vita a una pesante guerra civile mentre si attendeva la resa del presidente Mohammad Morsi. E anche un pezzetto di Cagliari ha seguito con ansia la rivolta popolar-militare egiziana: la comunità musulmana che vive in città, quasi tremila persone tra uomini, donne e bambini, sa bene cosa significa scendere in piazza per rivendicare i propri diritti, anche a costo della vita.

“Mi stringe il cuore vedere le immagini che arrivano dai paesi arabi e non poter essere lì”, commenta Sulaiman Hijazi, palestinese, rappresentante dei musulmani a Cagliari. “Se fossi egiziano, sarei sceso in piazza dalla parte di Morsi: un presidente democraticamente eletto avrebbe dovuto restare al suo posto e finire il suo mandato”. La visione delle immagini che arrivano in Italia dall’Egitto ci parla di una rivolta nazional-popolare contro un presidente inadeguato che avrebbe solo inasprito la crisi: “In realtà si tratta di due milioni di persone scese in piazza in un paese che ne conta novanta milioni; le riforme e la pesante crisi economica dell’Egitto hanno bisogno di tempo, ma gli Egiziani non hanno più pazienza di aspettare. Il risultato? Probabilmente si tornerà alla situazione che avevamo prima, con un esercito filoamericano schierato dalla parte dei più forti; nel frattempo, oltre trecento Fratelli Musulmani sono stati arrestati”.

Quindi la rivoluzione del popolo in festa non è così felice come sembra? “Purtroppo i media danno una visione distorta della situazione reale che c’è in Egitto ora, e spesso gli Italiani si fermano alle apparenze senza approfondire. In questo paese c’è spesso la tendenza di accontentarsi di un’informazione di parte e superficiale, mentre la realtà è più complessa. Una delle mie battaglie a Cagliari è parlare con i cittadini e spiegare bene la situazione politica e culturale dei nostri paesi, ma c’è ancora tanto da fare”.

Francesca Mulas

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