Gli agenti colpevoli degli atti di violenza nel carcere di S.Sebastiano a Sassari il 3 aprile 2000 non hanno ricevuto pene proporzionali al reato commesso. La Corte europea dei diritti umani ha quindi condannato l’Italia per aver sottoposto a trattamento inumano e degradante Valentino Saba, uno dei detenuti. L’inchiesta squassò il mondo carcerario: un mese dopo il fatto vennero eseguiti 82 ordini di custodia cautelare, fra agenti e dirigenti, questi ultimi condannati dai 10 mesi a un anno e 8 mesi. I giudici europei hanno indicato, inoltre, come pene troppo leggere la multa di 100 euro inflitta a uno degli agenti che non ha denunciato le violenze commesse dai suoi colleghi, o il fatto di aver sospeso la condanna al carcere per altri agenti.
Valentino Saba è uno dei detenuti che denunciarono gli atti di violenza. La Corte ha stabilito che lo Stato gli deve versare 15mila euro per danni morali. Lui ne aveva chiesti 100mila. Nel condannare l’Italia la Corte di Strasburgo mette in causa i tempi lunghi del processo, il fatto che molti colpevoli sono stati prosciolti per prescrizione dei reati commessi, e che chi è stato condannato ha ricevuto pene troppo leggere in rapporto ai fatti per cui era stato incriminato. Ad esempio i giudici indicano come pene troppo leggere la multa di 100 euro inflitta a uno degli agenti che non ha denunciato le violenze commesse dai suoi colleghi, o il fatto di aver sospeso la condanna al carcere per altri agenti. Nella sentenza i giudici sottolineano inoltre che le autorità italiane non hanno indicato se le persone sotto processo sono state sospese durante il procedimento come stabilisce la giurisprudenza della Corte di Strasburgo. I giudici di Strasburgo, però, hanno anche stabilito che Valentino Saba è stato sottoposto a trattamento inumano e degradante ma non a tortura, come sostenuto da lui.
“Per la seconda volta in pochi giorni l’Italia viene condannata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per la violazione dell’art. 3 della Convezione per le violenze delle forze dell’ordine su persone fermate o arrestate. Ma stavolta la Corte Europea condanna l’Italia anche per non aver pienamente soddisfatto il requisito di un’indagine approfondita ed efficace, arrivando così alla prescrizione per molti degli imputati”. Lo afferma Patrizio Gonnella, presidente nazionale dell’associazione Antigone. “Dopo il caso di Dimitri Alberti, stavolta la corte riconosce le violenze subite da Valentino Saba il 3 aprile 2000 all’interno del carcere di Sassari dove era detenuto”. “Finalmente, dopo 14 anni – dichiara Gonnella – giustizia viene fatta ma, ancora una volta, per arrivarci è stato necessario l’intervento della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo”. “Riteniamo indegne per un paese civile come l’Italia, che dovrebbe riconoscere a tutti un trattamento rispettoso e degno della persona umana – aggiunge – queste continue condanne. Ed è altresì grave che, quando violazioni dell’articolo 3 avvengono, il nostro sistema giudiziario non riesca a ripristinare situazioni di giustizia. Questo anche perché in Italia non esiste il delitto di tortura. Se ci fosse stato i tempi di prescrizione non sarebbero stati così brevi”.
“Per questo – conclude Gonnella – riteniamo non più rinviabile la convocazione di un tavolo politico che dia risposte ferme su alcuni temi per i quali la discussione non è più rinviabile: l’inserimento del reato di tortura nel codice penale; l’impunità per chi commette atti di violenze verso persone che si hanno in custodia; meccanismi di educazione e formazione adeguati per il personale delle forze dell’ordine”. Gonnella ricorda come fu proprio Antigone a sollevare il caso delle violenze nel carcere di Sassari quando il 27 marzo 2000 i detenuti iniziarono una protesta pacifica rumoreggiando con le sbarre della cella a mezzanotte meno un quarto. Poi iniziarono a dare fuoco alle lenzuola, fecero esplodere le bombolette di gas. Alla loro protesta seguì quella dei direttori. A causa del loro sciopero, infatti, i detenuti furono lasciati senza viveri del “sopravvitto” e senza sigarette. Il 3 aprile 2000 venne organizzato uno sfollamento generale dei detenuti da trasferire in altri istituti dell’isola. “Durante la traduzione – ricorda Antigone – una trentina di detenuti vennero brutalmente picchiati. I parenti protestarono. Scattarono le prime denunce. Il 20 aprile le madri dei giovani detenuti picchiati organizzarono una fiaccolata. Il 3 maggio 2000 la Procura emise 82 provvedimenti di custodia cautelare, di cui 22 in carcere e 60 agli arresti domiciliari. Vennero coinvolti il Provveditore regionale dell’Amministrazione penitenziaria, la direttrice, il comandante del reparto.
“La condanna della Corte europea dei diritti umani a carico dell’Italia indica non la gravità di un caso isolato, ma di un intero costume che deve assolutamente cambiare“. Lo afferma il senatore di Sel Peppe De Cristofaro. “Gli agenti denunciati dai detenuti di quel carcere per le violenze commesse dagli agenti nell’aprile del 2000 – prosegue il parlamentare – sono stati condannati, ma a pene leggerissime e di fatto quasi prive di conseguenze. Per gli agenti della polizia penitenziaria o per quelli in servizio di ordine pubblico vale una sorta di impunità a priori, per cui anche quando vengono considerati colpevoli e pene devono essere alleggerite in virtù della loro appartenenza alle forze dell’ordine. Ciò è del tutto inaccettabile – conclude De Cristofaro e proprio questa perversa abitudine ha voluto denunciare, con la sua sentenza di condanna, la Corte europea”.