Il banco della cattedrale di Tempio in cui sedeva per la messa domenicale Pietro Azzena, il ragazzino di 12 anni ucciso insieme al padre e la madre nella loro abitazione, questa mattina è rimasto vuoto. I bambini e le mamme che lo conoscevano non hanno avuto il coraggio di sedersi. Troppo il dolore per la scomparsa, troppo lo sgomento per quel terribile fatto di sangue che ha sconvolto tutta la cittadina gallurese.
“La messa delle 10.30 è quella maggiormente frequentata dai bambini, circa quattrocento – racconta don Antonio Tamponi, parroco della cattedrale – Pietro era un chierichetto. La madre lo accompagna tutte le domeniche a messa. Oggi molti suoi coetanei piangevano, le mamme non hanno mai tolto gli occhiali scuri per nascondere il dolore”.
Il sacerdote descrive poi la famiglia Azzena. “Ho visto Giulia domenica scorsa, era serena – racconta – è una persona positiva, attenta al bambino. Hanno sempre frequentato la cattedrale, seguendo tutte le attività. Pietro era buonissimo, attento alla religione. Avevo un rapporto speciale con la madre, con il padre ci conoscevamo, anche lui era sempre sorridente anche se non ho avuto grandi rapporti”.
Don Tamponi si interroga su come sia potuta avvenire una tragedia di questa portata. “Ci sono tanti punti interrogativi da chiarire – sottolinea – non sembra un delitto del nostro territorio. Un bambino ucciso, una strage domestica, questo ritrovamento rituale dei corpi, sembra un’azione non nostra”, ribadisce il parroco.
Oggi, nell’omelia, il sacerdote si è concentrato sui bambini, sconvolti per la perdita dell’amico: “Ho parlato di San’Antonio, dell’incontro con il male quando aveva otto anni, ho cercato di spiegar loro di crescere nel bene. La messa – spiega – è durata solo mezz’ora, il coro non riusciva a cantare l’Alleluia, le parole rimanevano bloccate in gola. Poi mi sono affidato alle famiglie, in modo da far rielaborare con calma il lutto ai più piccoli”. (ANSA)