Orgosolo, il disastro nella “diga infinita”

E’ in costruzione dal 1989. La sua realizzazione consentirebbe di irrigare 2810 ettari di terreno agricolo. Il ciclone ha spazzato via il cantiere. Ma quasi non se ne parla. L’amarezza della gente di Orgosolo

Era il più grande cantiere operativo presente in Sardegna e l’unica diga in costruzione a livello nazionale. Era, perché da lunedì scorso, quando il ciclone Cleopatra si è abbattuto sull’Isola, l’invaso di Cumbidanovu – scavato nell’omonima vallata a Orgosolo – è stato quasi spazzato via:  gli impianti del consorzio di imprese “Diga Alto Cedrino” (proprietaria per l’80% Itinera Spa, e per il 20% la Cooperativa edile di Orgosolo) sono stati inghiottiti dalla piena e trascinati dalla corrente a valle del fiume di Bad’è Harros. Sono caduti giù come fossero birilli escavatori, gru, gruppi elettrogeni, impianti idrici, impianti di betonaggio e di frantumazion, silos. E così la diga infinita che dovrebbe risolvere i problemi di irrigazione di cinque paesi a valle del Cedrino, si fermerà di nuovo.

Appaltata dal Consorzio di bonifica della Sardegna centrale, l’opera – per la quale è previsto un impegno di risorse pari a 40 milioni di euro, 20 dei quali già spesi nelle opere di sbancamento e consolidamento – e “in via di realizzazione” dal 1989, ha avuto una vita avventurosa tra varianti, contenziosi, problemi sindacali, conflitti politici e finanziamenti ballerini. L’ultima volta i lavori si sono fermati nel novembre 2012  (con la messa in cassa integrazione di cinquanta dipendenti),  dopo la presentazione di una nuova variante. Il Consorzio ora attende di incassare 10 milioni di euro dalla Regione.  Prima promessi,e poi ritirati e, ora, pare di nuovo in cammino verso Orgosolo: dovrebbero essere inseriti nella prossima Finanziaria.

Ma ora tutto è tornato incerto, a partire dal futuro dei cinquanta operai. “Ci consideriamo fortunati – dice la direzione aziendale – perché non ci sono stati danni alle persone”. Ma non è rimasto più nulla che permetta di proseguire. E benché non ci sia ancora un computo esatto dei danni, la stima è una cifra tra i 10 e i 12 milioni di euro. Solo la gru costa un milione e mezzo. Due milioni è il costo dell’impianto di betonaggio e altri due milioni circa quello dell”impianto di frantumazione. Dai 3 ai 4 milioni di euro servono a coprire le spese delle altre attrezzature spazzate via dal ciclone. Costi che dovrebbero essere coperti – anche se non interamente – dall’assicurazione. Ma a questa cifra vanno aggiunti altri due o tre milioni di euro, a carico del Consorzio di Bonifica, per il ripristino dello stato dei luoghi: a cominciare dallo smaltimento di tutta l’attrezzatura ridotta a una montagna di rottami.

Alla preoccupazione per il futuro del cantiere si aggiunge l’amarezza. “E’ passata una settimana dal disastro – segnalano i dirigenti – e ancora non abbiamo sentito la voce delle istituzioni. Speriamo che qualcuno si faccia vivo perché la situazione è davvero pesante”. E’ quanto scrivono su Facebook numerosi cittadini di Orgosolo che segnalano anche il silenzio dell’informazione. Commenta Francesca Floris:”Anche stasera tutti i Tg parlano del disastro della nostra Isola: in primo piano Olbia, Torpè e Terralba. Giustamente. Ma aspetto fiduciosa che parlino anche del mio paese, della diga di Cumbidanovu. Da noi non ci sono stati morti e non ci sono sfollati. È morta solo la speranza di vedere finalmente conclusa la costruzione di una importantissima opera che avrebbe rappresentato una svolta per il nostro territorio”.

Una volta completato, infatti, l’invaso consentirebbe di irrigare 2810 ettari di terreno agricolo nei comuni di Orgosolo, Oliena, Nuoro, Orune, Lula e Dorgali. La diga avrebbe una capacità totale di 13,32 milioni di metri cubi e assicurerebbe anche una portata continua per gli usi industriali nel territorio di Nuoro e Oliena.

“La Regione e il Consorzio di Bonifica – afferma Vincenzo Floris, orgolese e consigliere regionale del Partito democratico – devono immediatamente procedere a una cernita dei danni. Contemporaneamente bisogna lavorare per mettere in sicurezza il cantiere. I tempi tecnici dipendono molto dalla volontà politica. La Regione non può rimanere alla finestra, perché si rischia davvero di non realizzare più la diga, con conseguenze disastrose per l’economia e per l’ambiente del territorio”.

Maria Giovanna Fossati

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