Un’udienza sofferta, piena di contraddizioni, accuse reciproche, colpi di scena e un contraddittorio davanti alla Corte. Si potrebbe sintetizzare in questo modo l’udienza che si è svolta oggi in Corte d’assise a Nuoro per l’omicidio di Dina Dore avvenuto nel marzo 2008. Sul banco degli imputati il marito della donna, il dentista Francesco Rocca accusato di essere stato il mandante dell’omicidio. Un’udienza imperniata sulla deposizione chiave di Alan Corona, allevatore di 35 anni, che ha raccontato dettagli inediti finora nel processo.
Corona è il fratello della fidanzata di Pierpaolo Contu, il giovane già condannato dal Tribunale dei minori di Sassari come esecutore materiale del delitto: “Qualche giorno dopo la morte di Dina mi chiamò Andrea Mulas, amico di Rocca per dirmi che la sorella dello stesso Mulas avrebbe visto quelli che potevano essere gli assassini nei pressi del garage. Lei ha riconosciuto Fabrizio Sedda e Francesco Porcu. Uno di loro aveva le mani sporche di sangue e diceva ‘oh Dio cosa ho fatto’“.
Dichiarazioni che potrebbero portare ad una clamorosa svolta. Corona aveva saputo da voci di paese che Contu era coinvolto nell’omicidio e aveva fatto pressioni sulla sorella affinché lo lasciasse. “Andrea Mulas mi stava coinvolgendo in questa altra pista – ha detto il testimone in aula – chiedendomi di caricare in macchina Porcu e Sedda, di portarli in un luogo prestabilito dove ci sarebbe stato l’ispettore di polizia Antonio Serra a interrogarli. Naturalmente io ho rifiutato. Ho detto ad Andrea Mulas che se c’era questa altra pista di cui era a conoscenza anche Francesco Rocca bastava andare dagli inquirenti a denunciare la cosa”.
Corona nella sua testimonianza ha fatto intendere di essere stato messo in mezzo su fatti che non conosceva e che non voleva conoscere. Più che una rivelazione vera e propria si trattava – secondo lui – di un tentativo di depistaggio messo in atto dal marito della vittima. In un’occasione Corona era stato chiamato a un confronto proprio con Rocca alla presenza di un ispettore di polizia. A tirarlo in ballo era stato Andrea Mulas che chiese a Corona di raccontare ciò che sapeva, visto che anche lui aveva sentito in giro che gli assassini erano Porcu e Sedda. “Ma io non avevo sentito nulla se non dallo stesso Mulas”, ha sottolineato in aula il testimone.
Dopo le rivelazioni, drammatico confronto tra il testimone e Mulas. Le rivelazioni del primo sono state subito negate dal secondo. A quel punto il presidente della Corte D’Assise Antonino Demuro ha fatto entrare nuovamente in aula Corona per un confronto tra i due: in un drammatico faccia a faccia Corona e Mulas si sono fronteggiati, ognuno irremovibile dalle proprie posizioni. Nel processo è entrata anche la figura della sorella di Alan Corona, Giulia, fidanzata all’epoca con Joseph Mulas figlio di Andrea Mulas. Joseph, secondo voci di paese, sarebbe stato coinvolto anche lui nell’omicidio. Cosa che poi si è rivelata infondata. Il confronto a due è diventato a tre, quando il presidente Demuro ha fatto entrare in aula anche Gavino Pira, uno dei testi del processo, che aveva organizzato un chiarimento tra Mulas e Corona nel suo ovile.
Nel pomeriggio è stato sentito anche Joseph Mulas, figlio di Andrea (anche lui secondo voci sarebbe stato coinvolto nell’omicidio) molto amico di Contu, entrambi fidanzati con due sorelle di Alan Corona. Joseph Mulas ha raccontato l’astio del cognato nei suoi confronti e le pressioni alla sorella affinché lo lasciasse, cosa che non è mai successa “perché – ha detto Joseph Mulas in aula – io mi sentivo la coscienza a posto è ho sempre detto alla mia fidanzata che mi sarei difeso in qualunque sede”.
Testimonianze delle quale dovrà essere verificata l’attendibilità da parte della Corte. Rocca ha presenziato all’udienza impassibile come sempre, nonostante le molte testimonianze, che nel corso del processo – iniziato nell’ottobre 2013 – hanno fatto traballare la linea difensiva dei suoi avvocati Mario Lai e Angelo Manconi. Qualche giorno fa il padre dell’imputato, Tonino Rocca, aveva lanciato un appello affinché tutti a Gavoi si sottopongano all’esame del Dna per trovare il vero colpevole, impegnandosi a pagare tutte le spese.
Un tentativo disperato di un padre che dice di voler “pagare tutte le spese che questo comporta” convinto nell’innocenza del figlio e determinato a salvarlo da una condanna che secondo lui non merita. La prossima udienza è fissata per giovedì 29 maggio.