Omicidio a Bologna, il mistero dell’anello scomparso

Giulio Caria non ritratta ma continua a proclamarsi innocente. Il compagno di Silvia Caramazza, uccisa e trovata in un congelatore a Bologna, chiede inoltre che vengano fatti ulteriori accertamenti in grado, a suo dire, di scagionarlo. Ad incontrarlo nel carcere di Sassari, dove è detenuto in attesa di essere trasferito in Emilia, è stato l’avvocato penalista Gennaro Lupo che lo assiste. Il legale ha spiegato che Caria (accusato di omicidio volontario e occultamento di cadavere), nonostante nei giorni scorsi sia emersa una prova abbastanza forte a suo carico – il commerciante al quale era stato consegnato un materasso sporco di sangue ha contattato gli inquirenti – mantiene ferma la propria linea di difesa, chiedendo di verificare la sua presenza a Bologna con la fidanzata, prima del 16 giugno, quando l’avrebbe – sempre secondo la versione del 34enne – accompagnata in stazione. In particolare, Caria dice di verificare in un negozio di abbigliamento, in un altro dove avrebbe acquistato regali matrimoniali e ancora in una gioielleria, dove avrebbe comprato un anello con brillante. A sostegno di questa ipotesi, il legale sottolinea che dall’autopsia è emerso che la donna aveva una piccola frattura all’anulare sinistro, e che l’anello non è stato trovato, indicando quindi nella rapina un ipotetico movente. La difesa si è affidata ad un’agenzia investigativa privata di Milano, per cercare riscontri a questi nuovi elementi. Intanto giovedì è in programma il conferimento degli accertamenti tecnici sull’auto con la quale Caria è stato trovato in Sardegna, intestata a Caramazza.

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