Olbia, il sindaco Giovannelli contestato durante il corteo per le vittime dell’alluvione

Non era ancora sceso in strada. Chiuso nel palazzo di Poltu Quadu, non aveva ancora visto negli occhi i suoi concittadini. Questa mattina, al termine del corteo silenzioso per ricordare le vittime della tragica alluvione di Olbia del 18 novembre, i silenzi sono diventati urla. Rabbia, frustrazione di pochi cittadini, certo, che hanno gridato in faccia al sindaco Gianni Giovannelli quelle parole che per tanti giorni hanno ripetuto davanti a taccuini e telecamere. Persone, volti e storie di esasperazione che chiamano in causa quelle responsabilità della politica che, nonostante si cerchi disperatamente di diluire nel tempo e nella memoria, non si possono dimenticare.

Il confronto davanti al canale che ha inghiottito una mamma e sua figlia di 3 anni

Il corteo silenzioso ha percorso vie, strade, si è fermata davanti alle finestre delle case sventrate, affogate in quel mare di fango che ha inghiottito Olbia per ore interminabili. Un mese esatto da quel 18 novembre, il corteo era composto da tanti cittadini che hanno deposto fiori, hanno pregato, hanno ricordato le vittime della tragedia ma si sono anche interrogati sul futuro, o quello che ne resta. Finché non ci si è fermati davanti all’incrocio tra via Cina e via Gran Bretagna. Quel terribile pomeriggio Patrizia Corona e la piccola Morgana Giagoni tentavano di tornare a casa, sotto una bomba d’acqua, ma soprattutto accanto a un canale con le abitazioni a pochi metri. Quel tratto di strada è lo specchio di Olbia: le case dove non dovrebbero essere e un canale che in poche ore si è riempito d’acqua ed è esondato portando il fiume dentro la città. Qui i cittadini hanno preso la parola e hanno duramente attaccato il sindaco che, va detto, si è assunto l’onere del confronto anche per conto di assessori e politici che a vario titolo sono corresponsabili di quanto accaduto.

“Non ci avete aiutato, mi avete detto che la colpa era mia che avevo costruito vicino al canale”

Davanti al sindaco, circondato dalla gente e con un megafono in mano, la protesta si è incarnata in una signora sessantenne, che ha attaccato duramente Giovannelli: “Il 18 novembre ho chiamato in Comune, ho parlato con gli assessori Bacciu e Careddu, poi ho parlato con lei signor sindaco – ha raccontato la signora – e le ho detto che la mia casa era vicino al canale e stava entrando l’acqua. Sa lei cosa mi ha risposto? Mi ha detto: “La colpa è sua che ha costruito vicino al canale”. Il sindaco ha negato di ricordare l’episodio e poi si è difeso, elencando l’impegno finanziario e logistico del Comune per risolvere prima l’emergenza e ora consentire alle persone colpite di avere un tetto sotto cui vivere. “Noi qui non ti abbiamo mai visto”. “Dov’era l’allerta meteo? Qui non c’era nessuno, ci siamo salvati aiutandoci tra di noi”. Una decina di cittadini hanno simboleggiato uno stato d’animo, una protesta che corre lungo il sistema nervoso di una città provata e che non vede la necessaria assunzione di responsabilità. Perché a un mese dall’alluvione ancora 109 nuclei familiari vivono lontano da quello che resta delle loro abitazioni e aspettano le risposte della politica.

L’inchiesta va avanti: a metà gennaio i primi avvisi di garanzia e gli interrogatori dei politici

Entro la fine di gennaio la Procura della Repubblica di Tempio, con il procuratore capo, Domenico Fiordalisi e il sostituto, Riccardo Rossi, metteranno la firma sui primi avvisi di garanzia per l’alluvione del 18 novembre. Disastro colposo e omicidio colposo, con l’aggravante del dolo eventuale sono i reati che potrebbero essere contestati anche a nomi eccellenti. Dopo la conclusione delle vacanze di Natale saranno sentiti anche gli amministratori pubblici passati e presenti di Olbia, probabilmente con la qualifica di indagati. La Procura due giorni fa ha disposto una nuova tornata di controlli dei corsi d’acqua, che insieme alla raccolta dei dati pluviometrici della giornata dell’alluvione, alle statistiche degli anni precedenti e le varie documentazioni raccolte in questo mese, contribuiranno a fornire un quadro investigativo compiuto nelle due direzioni nelle quali si rivolge l’attività inquirente dei magistrati: il fronte urbanistico e quello dell’allarme meteo, elementi che potrebbero essere stati decisivi nella catastrofe.
Riccardo Rossi, il magistrato titolare dell’inchiesta, infatti, pochi giorni fa ha disposto anche il sequestro di tutti i progetti degli edifici pubblici della città di Olbia: tra questi anche il palazzo di Poltu Quadu che ospita le sedute del consiglio comunale ed è stato sede dell’unità di crisi nei giorni successivi all’alluvione, che nei mesi scorsi era stato dichiarato in parte inagibile per motivi di sicurezza e che sarebbe stato costruito su un canale. Tra gli edifici pubblici nel mirino degli inquirenti c’è anche la sede della Asl numero 2 di Olbia: sorta pochi anni fa in una delle zone più flagellate dall’alluvione.

Giandomenico Mele

(immagine da Olbianova.it)

 

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