Sul feto della bimba partorita un anno fa nel tugurio di Santa Maria Coghinas (Sassari) non fu mai riscontrato alcun segno di vita. È quel che è emerso oggi durante il processo a carico di Sara Gaspa, la trentenne di Santa Maria Coghinas che il 6 gennaio dell’anno scorso, all’interno dell’abitazione in cui viveva con il compagno, in condizioni igieniche estreme, aveva visto nascere e poi morire la bimba di poco più di due chili. La donna è accusata di infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale connesse al parto. A sostenere che non ci sia mai stata alcuna possibilità che la neonata si potesse riprendere è stato il medico Mohammad Kelaki, che quel giorno era di turno alla guardia medica di Valledoria ed intervenne per primo. Oggi il medico ha fornito la propria versione dei fatti, ricordando di aver effettuato le manovre di accertamento e poi quelle rianimatorie, ma senza mai nutrire la speranza di restituire quella minuscola creatura alla vita. Nel corso della stessa udienza ha deposto anche un ufficiale di polizia giudiziaria, che ha riferito delle informazioni sommarie raccolte in paese e dei documenti raccolti tra i servizi sociali del Comune di Santa Maria Coghinas e altri uffici. Avrebbe dovuto parlare anche uno zio dell’imputata, ma si è avvalso della facoltà di non rispondere. Nella prossima udienza, fissata per il 31 gennaio, parleranno altri tre testimoni indicati dall’avvocato difensore Maurizio Serra.
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