Si è aperto oggi a Sassari di fronte al collegio presieduto dal giudice Maria Teresa Lupinu il processo a carico di Sara Gaspa, la trentenne di Santa Maria Coghinas che il 6 gennaio scorso, all’interno del tugurio in cui viveva con il compagno, in condizioni igieniche estreme, aveva visto nascere e poi morire la bimba di poco più di due chili che portava nel grembo. L’accusa nei suoi confronti è di infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale connesse al parto. Secondo il sostituto procuratore Paolo Piras, sarebbero bastati un’ecografia e un parto cesareo per salvare la vita alla bambina. Oggi il pm e l’avvocato Maurizio Serra, legale dell’imputata, hanno aperto il dibattimento con la presentazione dei testimoni che dovranno essere ascoltati nelle prossime udienze, la prima delle quali è fissata per il 9 novembre. Teatro della tragedia era stato un vecchio rudere alla periferia di Santa Maria Coghinas, con il bagno all’aperto, fatto di tubi in gomma per innaffiare e bacinelle. In questo tugurio senza acqua corrente, il giorno dell’Epifania la donna aveva partorito da sola, senza nessun tipo di assistenza sanitaria. Il decesso della piccola era avvenuto durante il parto o negli istanti immediatamente successivi. Momenti drammatici, nel corso dei quali la trentenne scelse di non chiedere aiuto a nessuno. E quando il compagno, vent’anni più di lei, si era rivolto ai vicini, ormai era troppo tardi.
Sardinia Post si ferma, la solidarietà della Giunta Todde
La presidente Alessandra Todde e tutta la Giunta regionale esprimono la loro vicinanza ai giornalisti di Sardinia Post, rimasti senza lavoro…