Quasi 200 detenuti di mafia e camorra rinchiusi da qualche mese nel nuovo carcere di Massama, a Oristano, protestano da giorni contro il trasferimento in Sardegna. Urla, fischi e rumori di ogni genere ottenuti sbattendo stoviglie e oggetti di metallo contro le sbarre delle celle. Ma anche la decisione di rifiutare il vitto e di mangiare solo cibi da cucinare nelle loro stanze di reclusi. Per i reclusi il trasferimento nell’Isola si è rivelato una sorta di esilio che di fatto impedisce, o rende comunque molto difficile e costoso, ogni contatto con le famiglie.
La loro protesta irrompe nel silenzio della campagna: il carcere, infatti, è stato costruito tra le carciofaie e le foraggere, ben lontano dai centri abitati. Una segnalazione è già arrivata al giudice di sorveglianza. Oltre al rifiuto del cibo servito dalle cucine del penitenziario, i detenuti quasi quotidianamente, quando cala la sera, inscenano questo insolito concerto di cori e stoviglie. In genere dura una mezz’ora, preferibilmente durante i cambi di turno del personale di custodia.
Il carcere di Massama, nato come casa circondariale, è diventato una sorta di carcere di massima sicurezza, dove ai pochi detenuti locali si sono aggiunti negli ultimi mesi almeno 160 reclusi per reati di mafia, camorra e criminalità organizzata in genere. La presenza di mafiosi nell’Isola è al centro di polemiche tra le forze politiche sarde e il governo nazionale. Anche la popolazione non gradisce: teme infiltrazioni della malavita organizzata in una città e una provincia, quella di Oristano, considerate dalle statistiche tra le più sicure d’Italia. (ANSA).