Murgia, Nuzzi, Amurri: all’Isola delle Storie la scrittura diventa rivelazione

Giornata ad alto tasso emotivo quest’ultima in quel di Gavoi. L’Isola delle Storie sferra una pioggia di fuoco di grande potenza, schierando una Michela Murgia come sempre caustica e combattiva a dialogare con una penna al vetriolo come quella di Gianluigi Nuzzi, cronista de Il Giornale e oggi scrittore e conduttore televisivo.

I loro ultimi libri “Vaticano Spa” e “L’ho uccisa perché l’amavo. Falso!” partono da uno stesso presupposto: l’importanza delle parole. Il peso che ne scaturisce e la responsabilità che deve essere assunta. La scrittura come mezzo di rivelazione, tanto per rimanere in un ambito dialettico caro all’autrice di Cabras. “Ci sono romanzi che servono per viaggiare con la fantasia ed altri che servono per riportarti a casa –ci tiene a precisare-. Quello che fa Gianluigi è comune al lavoro mio e di Loredana Lipperini nel testo scritto a quattro mani: svelare la menzogna. La menzogna che gira attorno al tema delle donne e del femminicidio, per esempio. Quel mondo di dolore che si cela nelle nostre case, che tutti vorremmo immaginare protette e sicure, e che invece nasconde isole di violenza e di morte. Questi di cui parliamo oggi sono due libri scomodi. Una scomodità che è un costo per chi scrive ma anche per chi legge”.

Una scomodità che nel mondo del giornalismo potrebbe trasformarsi in paura, timore nell’utilizzare un certo tipo di parole. Ma non è il caso di Nuzzi, il cui ultimo lavoro ha raggiunto le 250mila copie. “Ci sono stati momenti in cui ho avuto paura di essere ‘asfaltato’ dai colleghi. Ma non è proprio una paura. Il sentimento che più si avvicina è quello della rabbia. Rabbia, perché oggi c’è un tipo di informazione che non è più accessibile. Non a caso viviamo a fianco di uno Stato che pubblica un solo quotidiano, il Vaticano. Dovremmo interrogarci sul senso che continuamo a dare oggi al concetto di pluralità dell’informazione”.

E sull’uso delle notizie da parte dei media, sui dati ufficiali utilizzati dalle testate nei cosidetti “drammi della gelosia” è ritornata con passione la Murgia, che ha sottolineato la categoria teatrale in cui questi omicidi vengono rubricati: “A leggere i titoli dei giornali sembra che certi omicidi abbiano origine dalla volontà delle vittime. Si parla di dramma della gelosia, di follia d’amore. Chi utilizza queste parole ha una grande responsabilità. Quello che ci manca non è soltanto un’educazione sentimentale ma un’educazione all’addio. Un problema culturale di cui tutti siamo responsabili. Soprattutto chi scrive”.

E sul problema dell’educazione, in questo caso alla disabilità, si è parlato in un altro incontro davvero molto toccante, quello con Lorenzo Amurri, classe ‘71, condannato a vivere su una carrozzella dopo un terribile incidente sugli sci. Aiutato dalle letture di Davide Monachella, Amurri ha ripercorso con lucidità, e a tratti anche ironia, il dolore dei suoi ultimi 14 anni. “Ero un musicista, aver perso le gambe quasi non mi importava, ma senza l’uso delle mani che mi servivano per suonare ho pensato davvero di morire”. “Apnea” è il racconto del suo calvario. Una storia che davanti a una platea commossa e ammutolita si è trasformata in un inno alla vita.

(Nella foto a sx Gianlugi Nuzzi, al centro Federico Taddia a dx Michela Murgia)

Donatella Percivale

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