di Umberto Zedda
Desolazione, disagi e insicurezza, ma anche cultura e sport. Così si presenta oggi Mulinu Becciu, quartiere alla periferia nord di Cagliari. Nato negli anni Settanta come parte del Piano di edilizia popolare, il rione fu concepito come una serie di condomini con giardini interni, che danno vita a piccole comunità fortemente coese.
I lunghi e ampi rettilinei che lo attraversano, però, creano una frammentazione che lo fa sembrare una periferia dentro la periferia, abbellita da enormi palazzi che un tempo accoglievano famiglie unite da un forte senso di appartenenza.
“Il quartiere nasce negli anni Settanta grazie al Piano di edilizia popolare. È composto da tante isole che sono i condomini, distanti parecchio l’uno dall’altro”, racconta Marta Chessa, originaria del rione e socia fondatrice della Cooperativa Panta Rei Sardegna, che oggi gestisce il Centro di Quartiere Mu. Be.
Nell’ultimo decennio, però, il quartiere ha vissuto alcuni cambiamenti: sono state migliorate e realizzate ex novo strade, piazze e parchi pubblici. La costruzione del centro commerciale I Mulini ha reso Mulinu Becciu più appetibile per chi cerca casa a Cagliari, ma non ovunque. Zone come via Giotto e via Carpaccio sono molto richieste, con un conseguente aumento dei prezzi, mentre le aree più periferiche rimangono fuori dalle mire di possibili acquirenti. “Tutti questi fattori creano scollamento sociale – continua Chessa – mancano grandi attività commerciali. La parte storica del quartiere è lontana dal resto, che si sviluppa nell’area di Selargius. Nel piano originario erano previsti servizi all’interno dei condomini, poi si son trasformati sono in luoghi in cui stipare le persone”.
L’assenza di servizi essenziali, come market e altre attività di vicinato, penalizza fortemente la qualità della vita, rendendola inferiore rispetto a quella di altri quartieri più serviti. “L’unico “market” qui è Mesa Noa, un emporio autogestito; dunque, la gente è costretta ad andare nel centro commerciale I Mulini per fare la spesa: unico grande problema è che l’anziano non ce la fa a raggiungerlo, e il quartiere non è abbastanza popoloso da avere trasporti interni. Certamente non è uno spazio per gli abitanti di Mulinu”.
“La vita ora è cambiata – dice Silvia Serra, pedagogista del centro Mu. Be. – prima nel quartiere c’erano varie cooperative e si creavano condomini spaziosi con ognuno la propria vita. Oggi si lavora tanto e tutto è diventato più veloce”.
La mancanza di un importante ricambio generazionale aggrava ulteriormente la situazione. “Oggi nel quartiere si contano 5780 abitanti, ma nell’ultimo anno abbiamo celebrato un’ottantina di funerali e solo 22 battesimi – spiega don Emanuele Mameli, parroco della Madonna della Strada in via Crespellani – Le famiglie che negli anni Settanta hanno popolato Mulinu Becciu hanno creato solide reti sociali, ma oggi queste si stanno sgretolando. In alcuni condomini c’è ancora vita, in altri regna il silenzio. Me ne accorgo soprattutto durante i funerali, vedendo quante poche persone partecipano”.
La sicurezza è un altro tema allarmante. L’assenza di rete sociale ha creato preoccupazione negli abitanti come racconta don Emanuele: “è facile sentire di episodi di furti nelle case. Anche in parrocchia è successo che qualcuno entrasse e portasse via qualcosa”. Ma ora anche le persone si sentono insicure: “ci sono sempre più gruppi di adolescenti, di Mulinu Becciu e di altri quartieri, che hanno peggiorato questo clima. Il senso di smarrimento diventa una porta per altro. Sono in aumento i casi di dipendenze, di criminalità e spaccio anche tra i giovanissimi. La mancanza di prospettive e la disoccupazione portano tanti a ricercare guadagni immediati”.
Chi avrebbe bisogno di sentirsi parte di una comunità è distante ed è difficile riuscire ad arrivare a tutti. Ma qualcuno che si impegna per il benessere nel quartiere c’è. Il Centro di Quartiere Mu. Be. è nato nel 2022 proprio per cercare di creare una connessione nel rione.
“Il Mu. Be. nasce nel 2022 a modello delle case comunitarie piemontesi. Gli obbiettivi sono quelli di creare aggregazione e promuovere la cultura – continua Marta Chessa – Stiamo avviando una biblioteca di comunità e tanti laboratori per tutte le età. In due anni abbiamo contato 692 iscritti: inizialmente solo per bambini e adolescenti ma vedendo che anche molti genitori e adulti erano interessati abbiamo inserito anche loro”. Mu. Be. è presidio per molti progetti: “È presente un gruppo di auto mutuo aiuto, abbiamo formato 130 operatori del sociale e recentemente abbiamo firmato un patto educativo di comunità che ci ha permesso di acquistare una cucina per i ragazzi”.
Allo stesso modo la parrocchia è un punto di riferimento per il quartiere e vede una grande partecipazione: l’oratorio, la scuola di musica e la ludoteca sono alcuni dei servizi che offre alla comunità. La Caritas parrocchiale, inoltre, si occupa di sostenere chi è più in difficoltà: “Attualmente la Caritas si prende cura di una ottantina di famiglie del quartiere, più vari extracomunitari e bisognosi provenienti da altre realtà – spiega Don Emanuele – La parrocchia rappresenta un’oasi di tranquillità. C’è una forte vitalità tenuta in piedi dal lavoro dei tanti volontari che ci operano e che così hanno trovato la possibilità di sentirsi valorizzati. Questa speranza che diamo è un lavoro nascosto, non percettibile da un occhio distratto, ma che porta tanta positività nella vita della comunità”, conclude don Emanuele.