Morto schiacciato a Portoscuso mentre getta i rifiuti, chiesto processo per il titolare dell’ecocentro

Pericoli, purtroppo concretizzatisi, insiti nell’utilizzo del macchinario “incriminato” che non erano neppure contemplati nel “Dvr” aziendalerampa di carico priva di parapetti o barriere di protezione, dipendenti non formatiprocedure fatalmente non osservate“. Sono alcune delle violazioni, secondo quanto riportato dalla Studio 3A, che il pm della Procura di Cagliari, Enrico Lussu, contesta al legale rappresentante dell’eco centro in cui il 25 maggio dell’anno scorso perse la vita a 58 anni, a Fabrizio Cherchi. Il pm ha richiesto il rinvio a giudizio di un 61enne, di Quartu Sant’Elena, iscritto nel registro degli indagati, per l’ipotesi di reato di omicidio colposo aggravato dal mancato rispetto delle norme antinfortunistiche. L’udienza preliminare è stata fissata per il 17 dicembre. I familiari della vittima sono assistiti dallo Studio3A che ha reso noto la notizia della richiesta di rinvio a giudizio.

Fabrizio Cherchi

“Com’è tristemente noto, Cherchi, che a Portoscuso ci risiedeva – scrivono in una nota dallo Studio 3A – era un “banale” utente del servizio e si era recato con la sua auto all’ecocentro del suo paese semplicemente per smaltire dei rifiuti biodegradabili, ramaglie, ma, giunto alla rampa di carico sopraelevata per il conferimento, dopo essere inopinatamente caduto all’interno della bocca di carico posta lateralmente alla rampa, è stato schiacciato dal compattatore in movimento. Una fine orribile”.

Più precisamente, al 61enne, quale titolare della Cosir che gestiva il centro di raccolta di rifiuti, “il pm Lussu – spiegano dallo Studio 3A imputa di aver causato la morte di Cherchi “per colpa consistita in negligenza, imprudenza e nella violazione di plurimi articoli del Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro”. E per citare la richiesta di rinvio a giudizio “in violazione dell’articolo 28 comma 2, non contenendo riferimenti specifici ai compattatori scarrabili, nella scheda di rischio del Documento di Valutazione dei Rischi, relativa ai rischi relativi all’uso dei macchinari, non erano contemplati quelli derivanti dall’utilizzo del compattatore scarrabile B.T.E. Spa” dove si è verificato l’incidente. Ancora, prosegue il magistrato inquirente, il legale rappresentante dell’impresa “non garantiva, in quanto (anche qui) nemmeno previsto nel Dvr, che la rampa di carico del compattatore avesse i requisiti di sicurezza idonei a evitare che i lavoratori (o gli utenti, ndr) vi potessero cadere, per esempio con idoneo parapetto o barriera mobile”. Infine, ma non ultimo, il 61enne dovrà rispondere dell’accusa di aver consentito che “vi lavorasse, come responsabile di turno della rampa, una lavoratrice nonostante non avesse ricevuto una formazione sufficiente e adeguata in materia di salute e sicurezza sul lavoro”.

Infatti, conclude il Pm, spiegando contestualmente la dinamica dei fatti, “in violazione della procedura riportata nel manuale d’uso e manutenzione di quel compattatore, l’addetta, dovendo recarsi all’ingresso dell’ecocentro per accogliere un nuovo utente, dopo aver azionato il compattatore per consentire a Cherchi di gettarvi i propri rifiuti, ne arrestava il funzionamento premendo il pulsante “Stop”, che però lo lasciava impostato sul ciclo di funzionamento continuo, anziché quello di arresto di emergenza, così lasciando incustodita la macchina e consentendo che potesse riprendere a funzionare mentre Cherchi si trovava ancora nell’area di scarico senza vigilanza e in mancanza di protezioni idonee. Tanto che cadeva all’interno del macchinario dove rimaneva schiacciato”.

Fabrizio Cherchi ha lasciato la moglie, un figlio, gli anziani genitori e due fratelli i quali, per essere assistiti, fare piena luce sui fatti e ottenere giustizia, si sono affidati a Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini, con la collaborazione dell’avvocato Carlo Salvatore Usai del foro di Cagliari. “Ora i congiunti della vittima – dicono dallo Studio 3A – si aspettano una risposta in sede penale con una pena congrua alle gravi violazioni commesse e che sono state alla base della tragedia, ma confidano anche in un’assunzione di responsabilità e una maggiore considerazione nei loro confronti sul piano risarcitorio, visto che finora le compagnie assicurative della Cosir e del ComuneGenerali e UnipoSainon hanno neppure mai risposto alla richieste danni formulate da Studio3A per conto dei propri assistiti”.

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