La sua carriera l’ha vissuta a cavallo degli anni Settanta in Barbagia, insieme a un altro personaggio chiave: il magistrato Luigi Lombardini. Una missione per entrambi l’impegno per la cattura dei latitanti nell’interno Sardegna. Ieri Enrico Barisone, conosciuto come “mitico capitano” dell’Arma, diversamente dal suo compagno di lavoro, è morto a 73 anni dopo una lunga malattia. Era in congedo già dal 2001. La sua medaglia d’oro, Barisone la conquistò sul campo il 17 dicembre del 1979 nel conflitto a fuoco di Sa Janna Bassa di Orune, quando catturò due pericolosi latitanti. E lo fece da solo, contro il regolamento. In quell’occasione Barisone fu ferito ad una spalla ma rifiutò i soccorsi e continuò a sparare fino alla cattura di una banda di latitanti. Molti i dubbi attorno all’episodio mai del tutto fugati. In un ovile di un pluripregiudicato, come ricorda oggi Giorgio Pisano in un articolo sull’Unione sarda oggi in edicola, c’era un incontro molto importante tra due delegazioni di movimenti attive in quel periodo. Alcuni rappresentanti di Barbagia Rossa (mix di indipendentismo, comunismo e rivendicazioni agropastorali) incontravano rappresentanti del partito armato Brigate Rosse per un possibile accordo. E probabilmente lì Barisone arrivò grazie a una soffiata di ex fedelissimi.
Piemontese di nascita, Barisone era profondamente innamorato della Sardegna. Con l’Isola aveva un legame indissolubile. Negli anni Novanta fu trasferito a Cagliari, dove divenne colonnello e successivamente generale. Per la pensione scelse di tornare nel suo Piemonte.