È morto a Cagliari la notte tra mercoledì e giovedì Carlo Cioglia, uno dei protagonisti dei movimenti di protesta degli anni Settanta e Ottanta. Da tempo era stato colpito da un male incurabile.
Cioglia era rimasto coinvolto, giovanissimo, nella contestazione al Papa Paolo VI durante la visita a Cagliari il 24 aprile del 1970. E, successivamente, era stato arrestato per aver favorito la fuga dei brigatisti Antonio Savasta ed Emilia Libera dopo la sparatoria avvenuta nei pressi della stazione ferroviaria del capoluogo il 15 febbraio del 1980.
Svolgeva varie attività – fotografo, elettricista, badante – e non aveva mai abbandonato la sua visione “contro” della società. Una visione che contrastava col suo tratto mite e una disponibilità all’ascolto che lo portava a trovarsi sempre dalla parte degli ultimi, degli emarginati, delle persone in difficoltà.
La figura di Carlo Cioglia è ricordata, con parole commosse, su l’Unione Sarda oggi in edicola dal nipote Emanuele, che lo ritrae così: “Lo si poteva incontrare nei bar, con le gambe da grillo accavallate e un’Ichnusa sul tavolino. Spesso lo circondavano gli ultimi, gente povera di idee, nulla di cultura, gli volevano bene. Era tutt’altro che stupido, lo arguivi immediatamente, dalla luce sardonica negli occhi cristallini. A volte sembrava un personaggio di Dostoevskij”.