Moby Prince, la svolta dalla commissione d’inchiesta: “Disastro causato da una terza nave”

“La Moby Prince è andata a collidere con la petroliera Agip Abruzzo per colpa della presenza di una terza nave comparsa improvvisamente davanti al traghetto che provocò una virata a sinistra che ha poi determinato l’incidente. Purtroppo questa nave non è ancora stata identificata con certezza”. È la rivelazione fatta da Andrea Romano presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sul disastro Moby Prince che oggi ha presentato la relazione conclusiva approvata oggi all’unanimità.

Una svolta, attesa dai familiari delle vittime , una ricostruzione che permette di rileggere il disastro del 10 aprile 1991 di fronte al porto di Livorno che causò la morte di 140 persone fra passeggeri ed equipaggio e il ferimento del mozzo Alessio Bertrand, unico superstite della tragedia.

“Il black out a bordo della petroliera pochi minuti prima della tragica collisione – ha spiegato ancora Andrea Romano – la rese invisibile davanti agli occhi del comando del traghetto Moby Prince, costretto a fare una virata improvvisa a sinistra per evitare una collisione certa con una terza nave presente in mare e purtroppo non ancora identificata”. Ma non solo.

“L’ipotesi di una bomba esplosa a bordo del Moby Prince, insieme a quella della nebbia o della distrazione del comando del tragetto durante la navigazione, hanno contribuito a creare confusione su ciò che è realmente accaduto la notte del 10 aprile 1991”, ha aggiunto il presidente della commissione parlamentare. “L’ipotesi della presenza di un esplosivo che causò lo scoppio nel locale delle eliche di prua del Moby Prince – ha spiegato Romano – indicata dalla perizia del dottor Alessandro Massari, si è rivelata infondata e insieme alle altre ha contribuito a creare confusione”.

“Non abbiamo potuto dare risposte certe sull’identificazione della terza nave che secondo noi ha causato la collisione perché non ne abbiamo avuto il tempo a causa della fine anticipata della legislatura, ma abbiamo suggerito nella relazione conclusiva due piste da seguire in futuro sia da parte della magistratura e del prossimo Parlamento – ha ribadito Romano -. Non abbiamo certezze ma suggeriamo nelle nostre conclusioni due possibili ipotesi investigative da approfondire: una riguarda la nave 21 Oktobaar II, che è un ex peschereccio somalo, e l’altra la presenza nel tratto di mare interessato dalla presenza di una o più bettoline impegnate in possibili operazioni di bunkeraggio clandestino”. Il presidente della commissione parlamentare ha poi precisato che “l’accordo assicurativo che altro non era che un patto di non belligeranza tra le compagnie dimostra che ci sono probabilmente documenti, in possesso dell’Eni, che potrebbero fornire ulteriore chiarezza su quanto accaduto”. E ha aggiunto: “Faccio appello ai vertici attuali della società affinché li renda pubblici 31 anni dopo per dare risposte definitive a 31 anni da quella che agli occhi dell’opinione pubblica è una strage”.

Dopo le conclusioni della commissione parlamentare è arrivato il commento di Luchino Chessa, uno dei due figli del comandante del Moby Prince, commentando l’esito della commissione parlamentare d’inchiesta. L’altro figlio, Angelo, è deceduto nei mesi scorsi. “Ora è necessario scoprire chi è la terza nave che ha causato questo disastro, ma anche sapere chi ha messo in atto, da subito, un’azione dolosa per fare in modo che la verità non si scoprisse e che ora è più vicina. Spero che anche la procura di Livorno, che ha un fascicolo aperto, vada in fondo su questi aspetti”.

“Ora sappiamo – ha sottolineato ancora Chessa – che una terza nave ha creato turbativa alla navigazione del Moby Prince e adesso dobbiamo anche capire perché nessuno ha soccorso il traghetto e perché tutti sono andati verso la petroliera, che aveva una serie di situazioni dubbie che oggi devono essere chiarite e che hanno portato a quel patto di non belligeranza tra le due compagnie. Perché Navarma ha voluto questo accordo assicurativo? Che cosa ci ha guadagnato?”.

È poi intervenuto anche Nicola Rosetti, vicepresidente della commissione Moby Prince 140: “Bisogna trovare – ha detto – i responsabili di quelle menzogne che da subito volevano farci credere che fu la nebbia e una tragica fatalità a determinare la morte di 140 persone”.

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