Mesina, il brusco risveglio di Orgosolo

Quando il capitano dei carabinieri del nucleo operativo di Nuoro Luigi Mereu gli ha stretto le manette ai polsi, Graziano Mesina non ha fatto una piega.

Quando il capitano dei carabinieri del nucleo operativo di Nuoro Luigi Mereu, gli ha stretto le manette ai polsi non ha fatto una piega, ha solo voluto sapere quali erano i reati che gli si stava contestando. Graziano Mesina, 71 anni, di cui quaranta passati in carcere e cinque alla macchia, ha reagito così, con la nota flemma, quando si è trovato di fronte al suo ultimo mandato di cattura con imputazioni vanno dall’associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga, all’estorsione e alla ricettazione.

Non ha reagito con la stessa tranquillità  la padrona della casa dove Mesina viveva dalla 2004. Antonia, la sorella settantacinquenne, è la madre di un altro degli arrestati – Raimondo Crissantu – ed è la nonna di due degli indagati: Giuseppe Mesina, 27 anni (agli arresti domiciliari) e Antonello Mesina, 21, (a piede libero) sono figli della sua primogenita.  Ha comunque offerto caffè e biscotti a tutti i militari che intanto perquisivano la sua abitazione. Non sapeva ancora dell’arresto del figlio e del coinvolgimento nell’inchiesta dei nipoti.

Secondo il colonnello Vincenzo Bono, comandante del nucleo operativo dei carabinieri di Nuoro, che dal 2008 fa parte del comitato investigativo che lavora all’inchiesta, Graziano Mesina era a capo di un’organizzazione criminale dedita al traffico di sostanze stupefacenti radicata nella provincia di Nuoro, ma con ramificazioni in tutto il centro-nord Sardegna. Avrebbe agito in sodalizio con Gigino Milia (un vecchio amico: nel 1978 erano stati condannati assieme per sequestro di persona e ricettazione), il capo della “banda associata” che commercializzava la droga nel sud dell’Isola con base a Cagliari. Nel 2009 il sodalizio si spezzò per alcune partite di eroina tagliate male. Un problema non solo socio-sanitario:  Graziano Mesina ne subì  danni economici. E da quel momento, con la sua banda, cominciò a operare autonomamente. Fino al gennaio di quest’anno. Integrando il traffico di droga con le ricettazioni e le estorsioni.

Un’indagine che ha mobilitato i nuclei provinciali dei carabinieri di Nuoro, Reggio Calabria, Milano, Sassari e Oristano, il comando territoriale di Olbia, sotto la direzione della Direzione distrettuale antimafia di Cagliari e che ha avuto come epicentro Orgosolo. In tutto sono state eseguite 26 ordinanze di custodia cautelare (21 arresti in carcere e cinque domiciliari). Di questi, ben nove hanno colpito orgolesi. Sei sono finiti in prigione: oltre a Mesina, il già citato nipote Raimondo Crissantu (43 anni) e poi Giovanni Filindeu (34) anni, Vincenzo Sini (44), i fratelli Franco e Salvatore Devias (24 e 40 anni), Giovanni Antonio Musina (38). Ai domiciliari, oltre ai due nipoti di Mesina, è finito il suo autista, Aldo Catgiu (40).

Secondo  il colonnello Bono, Mesina era il leader indiscusso, il capo carismatico, dell’organizzazione. Era l’uomo il cui solo nome riusciva ad aprire le porte che contano nel giro del traffico di droga nazionale e internazionale. E che comandava una banda ben armata  che si era anche  dotata di attrezzatura tecnologica di alto livello, per esempio un rilevatore di microspie.

Anche per Orgosolo è stato un brusco risveglio. In paese si pensava che il mondo di Mesina e degli otto giovani uomini finiti nell’inchiesta  fosse fatto di comparsate (a pagamento) nelle televisioni e in certi salotti importanti, di escursioni nel Supramonte con i turisti e di incontri pubblici durante i quali l’ex ergastolano ammoniva intere scolaresche: ”Non seguite mai il mio esempio, essere onesti nella vita paga”.

Non che tutto apparisse chiarissimo. Da tempo in paese c’era chi si interrogava sulla Porche Cayenne con autista (data alle fiamme qualche mese fa pare per incassare i soldi dell’assicurazione: un errore, Mesina non sapeva che la sua macchina non era coperta per quel genere di danni), su quei viaggi frequenti, sui contanti sempre pronti per invitare chiunque al bar. Ma in fondo le tante attività svolte alla luce del sole (anche l’intermediazione immobiliare attraverso un’agenzia aperta con una società padovana), unite al desiderio di essere sempre al centro dell’attenzione, potevano spiegare quelle ostentazioni di benessere.

E poi il paese – che comunque non apprezzava certi atteggiamenti spavaldi dell’ex primula rossa – in quest’ultimo periodo aveva altro di cui parlare: il passaggio in serie A della squadra di softball, la vittoria del quattordicenne Giampiero Fronteddu negli 80 metri piani ai campionati studenteschi nazionali. E la ‘lettera aperta’ sottoscritta da 130 giovani che hanno voluto respingere l’accostamento continuo del nome di Orgosolo al vicende di criminalità: “Non ci stiamo a questo stillicidio che ci vuole sempre in prima pagina anche quando si tratta di piccoli reati”.

Questa volta, però, i reati sono grossi. “Moderni”, come il traffico di droga. E “antichi” come il sequestro di persona progettato ai danni dell’imprenditore oristanese Luigi Russo. E poi altri affari (recuperi di crediti e compravendite immobiliari realizzati con modalità poco ortodosse) ai quali gli investigatori hanno fatto solo cenno e che prefigurano nuove rivelazioni clamorose. “Mesina – ha spiegato il colonnello dei carabinieri Simone Sorrentino – veniva contattato da personaggi anche noti dell’isola e della Penisola per risolvere affari. Anche su questo fronte si stanno sviluppando le indagini”.

Se le accuse fossero confermate dai giudici Mesina rischierebbe di tornare all’ergastolo e i ragazzi che lavoravano per lui pene fino ai vent’anni di reclusione. Una cosa imperdonabile specie per un capo carismatico che ha goduto della simpatia di personaggi come Gigi Riva e Indro Montanelli. Chissà cosa avrebbe detto il grande giornalista se avesse conosciuto quest’ultimo capitolo della vita dell’uomo per il quale con tanto impegno sollecitò la grazia.

Maria Giovanna Fossati

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