Medaglie d’onore ai tre deportati sardi: “Storie dolorose, ma è giusto ricordare”

Loro non ci sono più. Ma i familiari sanno tutto delle loro sofferenze perché hanno sentito storie terribili, anche difficili da ricordare e raccontare. Antonio Melis, in occasione della cerimonia per la Giornata della memoria, organizzata al Conservatorio, ha ricevuto una medaglia d’onore per il padre Pietrino, prigioniero nel campo IX C del lager di Valtershausen, in Turingia. Per lui è molto doloroso rievocare quello che il padre gli raccontava di quella terribile esperienza. “Mi parlava dell’odore di benzina nel giorno della fuga dei tedeschi perché l’intenzione era quella di cancellare ogni traccia di quel terribile campo di concentramento – ha detto commosso -. Ma per mio padre non finì lì. Lui era stato preso dai tedeschi in Grecia, ma anche dopo la fuga dei nazisti fu tenuto per diverso tempo in un campo russo. E poi anche a Ruinas, nell’Oristanese”.

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La medaglia rievoca momenti terrificanti. “Ma è doveroso essere qui – ha detto convinto -, bisogna ricordare quello che è successo”. Durante la mattinata sono state consegnate medaglie in onore anche a Bruna Muru, di Guspini, figlia di Bruno, internato allo Stalag Xb Sandbostel dal 1943 al 1945. E a Maria Rita Longhitano, di Quartu, figlia di Alfio, chiuso nel campo di concentramento dal 9 settembre del 1943, all’indomani dell’armistizio di Badoglio, al 4 aprile 1945.

Il prefetto Bruno Corda ha ricordato agli alunni delle tante scuole presenti in sala che anche l’Italia, non solo la Germania, ha dato il suo contributo alla Shoah con le leggi razziali: “Immaginatevi tanti studenti come voi che, solo per il fatto di essere ebrei, da un giorno all’altro sono stati espulsi dalla scuola. E con loro i professori, i dipendenti pubblici, i commercianti”. Anche il sindaco Paolo Truzzu ha ricordato le leggi razziali del 1938. Mentre la rettrice dell’Università, Maria Del Zompo, ha rievocato le pubbliche scuse presentate dall’ateneo di Cagliari per rendere omaggio alla memoria di Doro Levi, Alberto Pincherle e Camillo Viterbo, i tre docenti espulsi proprio a causa di quelle leggi.

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