di Andrea Tramonte
Pubblichiamo integralmente l’articolo uscito sul numero di Sardinia Post Magazine in edicola a luglio del 2023.
Rocce di granito metafisiche tra ampie distese di arbusti tipici della macchia mediterranea. Spiagge di sabbia fine, bianchissima e un mare così limpido – color smeraldo – da sembrare irreale. E poche perso ne a conoscenza di quel tesoro paesaggistico e naturale nella costa Nord orientale dell’Isola. Ancora negli anni Cinquanta Monti di Mola – questo il nome originario della zona prima che nascesse la Costa Smeralda – era una terra che poteva essere descritta facilmente con gli aggettivi che sono diventati ormai un luogo comune del racconto della Sardegna, la sua immagine più stereotipata: “selvaggia”, “incontaminata”. Ma in effetti era proprio così. All’epoca c’erano pochi insediamenti, perlopiù stazzi: le strutture rurali tipiche della Gallura che erano il fulcro della vita pastorale e contadina della provincia.
Negli anni Sessanta cambia tutto: il principe ismaelita Karim Aga Khan si innamora di quell’angolo di paradiso e ne intuisce le potenzialità inespresse. Crea il Consorzio, acquista i terreni dai pastori, ingaggia architetti di fama internazionale – Jacques Couëlle, Michele Busiri Vici, Luigi Vietti, il sassarese (e indipendentista) Antonio Simon Mossa, Raymond Martin – e dà vita a una icona del turismo internazionale, un luogo esclusivo, di distinzione sociale e di lusso che per anni verrà percepito come un mondo a parte in Sardegna, qualcosa di inarrivabile e separato quasi a livello morfologico. Un’isola nell’isola. Meta privilegiata di élite che cercavano riparo dai paparazzi che affollavano la Costa Azzurra per avere più privacy e discrezione: da Greta Garbo a Ringo Starr, da re Juan Carlos a Jacqueline Kennedy e Gianni Agnelli. E la Costa Smeralda iniziava prepotentemente a finire nei rotocalchi, a entrare nell’immaginario pop dell’epoca. La scelta iniziale fu quella di governare lo sviluppo del territorio attraverso un controllo rigoroso dei progetti edilizi e architettonici, con l’obiettivo di conservare il patrimonio naturale e concepire uno stile in grado di coniugare le bellezze della zona con una impronta costruttiva che sapesse dialogare – e rileggere, anche profondamente e non in modo filologico – la tradizione.
Il Comitato di Architettura aveva il compito di coordinare e armonizzare i progetti contrastando la speculazione edilizia. Negli anni Sessanta non era affatto scontato. E in zona – grazie a quell’idea – sorgono alcune delle architetture più belle nell’Isola. La chiesa Stella Maris e il Romazzino di Vici, Il Cala di Volpe e la Casa Scultura di Couëlle, l’Hotel Pitrizza di Vietti in grado di mimetizzarsi alla perfezione nel paesaggio, in mezzo alle rocce e alla vegetazione: che è una delle caratteristiche di numerose ville private progettate in quegli anni, pensate per dare l’impressione – in qualche modo – di essere lì da sempre. Forme organiche e avvolgenti, uso di materiali autoctoni come la roccia e il legno di ginepro, una eleganza non chiassosa, a tratti onirica. Il fermento non si è fermato agli anni d’oro. Nel 2019 ad esempio è nata Villa La Grintosa, progettata dall’architetta Francesca Stera, a Porto Cervo: una abitazione privata che aggiorna lo stile della Costa, celebrata dalle più importanti riviste del settore.
Oggi la Costa Smeralda è cambiata e non poteva essere diversamente: dalla sua fondazione nel 1962 sono passati 63 anni.
«L’impressione che abbia perso l’aristocratica eleganza è forte – ha scritto l’architetto Sandro Roggio nel 2011 -. C’è chi coglie sempre l’occasione per rimpiangere i bei tempi andati confrontando gli stili: lo Yachting club del Principe con il Billionaire di Briatore–Santanchè, la terrazza di Marta Marzotto con i raduni di Lele Mora e Tarantini». Basterebbe – per fare una sintesi, certo parziale – confrontare due film di epoca diversa citati dall’antropologo Pietro Clemente in un saggio all’interno di un volume collettivo, Sardegna Contemporanea, uscito per Donzelli. Uno è La camera, episodio diretto e interpretato da Alberto Sordi all’interno di un film intitolato Le coppie. Siamo nel 1970. L’attore impersona un operaio delle acciaierie di Terni che prenota una stanza in uno dei lussuosi alberghi della zona per fare un regalo alla moglie in occasione dell’anniversario del matrimonio.
Il suo cognome – Colonna – lo fa ritenere un esponente della nobiltà ma l’equivoco è presto svelato dai modi goffi e “popolani” dell’operaio. Il confronto è tra due mondi inconciliabili, la distanza abissale: «Il silenzio della Costa, dei camerieri, il rigore delle architetture, la magrezza degli altolocati, contrastano con la rumorosità, l’estroversione gestuale, l’ampiezza corporea dei popolani», scrive Clemente. Che arriva a una conclusione: «Nella Costa Smeralda si può essere ammessi non tanto se si paga, ma se si è gente di stile, di classe». Trent’anni dopo è Jerry Calà a raccontare un paradigma diverso (e già il confronto con Sordi la dice lunga e può risultare impietoso). Non ci sono più l’eleganza e le architetture meravigliose a farla da padrona nella fotografia del film, ma le feste e i locali. I giovani protagonisti aspirano al successo televisivo e alla vita lussuosa
«Conquistano la Costa imbucandosi, infiltrandosi, usando come risorsa i loro giovani corpi, le loro ambizioni di contatto con il successo, non lo stile, né lo status». Questo lo sguardo cinematografico e antropologico, senza moralismo. Ma qualunque sia il giudizio che si dà – e del resto la Costa Smeralda ha sempre suscitato passioni diverse, anche contrapposte – è innegabile la centralità che ha acquistato a livello internazionale, la creazione di un paradigma che ha influenzato il turismo in Sardegna nei decenni a seguire – a volte con emuli non esattamente all’altezza. Consolidando un modello praticamente ineguagliato in grado di dare una spinta propulsiva, decisiva, a tutto il territorio.
Oggi la Gallura è un luogo di fortissima crescita economica in cui il turismo è riuscito a incidere profondamente nel tessuto sociale del luogo, riversando a cascata i suoi effetti sul resto. Secondo le stime diffuse dal Centro studi del Consorzio industriale Cipnes, i Comuni del Nord est raccolgono il 40 per cento delle presenze turistiche e la percentuale sale al 46 per cento per quelle internazionali. I dati sono riferiti al 2019 ma le elaborazioni effettuate dagli analisti confermano la proiezione per il 2022 e per il 2023. In totale le presenze in tutta l’Isola raggiungono la cifra di 10.670.074 persone, di cui 4.283.300 nella sola Gallura. Ed è proprio Arzachena con gli alberghi della Costa Smeralda a far registrare il maggior numero di presenze internazionali: 639.893, pari al 69 per cento del totale, mentre Olbia raggiunge il 61 con 431.373 presenze.
Numeri significativi per l’economia: secondo i dati di Banca d’Italia i turisti stranieri hanno speso nell’Isola un miliardo e 108 milioni nel 2019, 813 milioni nel 2021 e un miliardo e 235 milioni nel 2022. E la Costa Smeralda la fa ancora da padrona. Secondo i dati di Sardegna Turismo, rispetto al 2019 il settore aveva visto una flessione che quest’anno è stata invertita grazie in particolare ai tre storici hotel cinque stelle della zona: Cala di Volpe, Pitrizza e Romazzino, tutti di proprietà di Smeralda Holding del gruppo Qatar Holding e gestiti da Marriott. Il Cipnes parla di un 88,4 per cento di presenze in più solo in quegli alberghi e una serie di effetti positivi sul territorio: ad esempio l’80 per cento dei dipendenti sono residenti nell’Isola.
«Chi alloggia in strutture di eccellenza spende oltre nove volte più della media per il proprio viaggio, inclusa la spesa sul territorio, e un hotel a 5 stelle impiega il doppio dei dipendenti rispetto alla media», dice un’indagine di Altagamma riportata dall’Ansa. E se vogliamo snocciolare altri dati particolarmente significativi, ci sono quelli della filiera della nautica in Gallura, un settore in forte ascesa strettamente connesso col turismo: 854 imprese, 3.600 occupati diretti, ricavi pari a 328.420.000 euro. La Gallura non è solo la Costa Smeralda. Dal confine di Budoni e San Teodoro passando per il monte Limbara fino al fiume Coghinas che delimita la sub-regione a Ovest (e naturalmente l’arcipelago de La Maddalena), la zona è ricca di bellezze che non si trovano solo sulla costa.
I paesi dell’interno sono gioielli rurali quasi incastonati tra i monti di granito e circondati da boschi secolari di lecci e sughere. Uno su tutti: Aggius, con le sue case in pietra e le strade in acciottolato, luogo d’eccellenza nella produzione di tappeti e anche ricco di cultura contemporanea, grazie agli interventi realizzati da Maria Lai -il paese è ricco di sue testimonianze artistiche – e alla creazione di un museo a cielo aperto che si impreziosisce ogni anno di nuovi lavori, tra arte pubblica e fotografia. Aggius è Bandiera arancione del Touring club e fa parte della rete Borghi autentici d’Italia, seguendo le linee di indirizzo della Comunità ospitale che impegna chi ne fa parte a migliorare costantemente l’offerta in termini di servizi e opportunità per i visitatori.
Mentre il piccolo borgo di San Pantaleo – frazione di Olbia – è un paesello che dista pochissimo dai luoghi più chiassosi della movida smeraldina ma si mantiene a modo suo appartato: glamour ma allo stesso tempo con una forte vocazione artistica, con boutique lussuose e laboratori artigiani. Fino al 2022 era celebre per il mercatino del giovedì, che attirava per tutta l’estate migliaia di visitatori. Il sindaco di Olbia, Settimo Nizzi, quest’anno ha deciso (l’articolo è stato pubblicato a luglio del 2023 ndr) di spostarlo in città. Una delle caratteristiche del territorio è la presenza degli stazzi, a cui si sono ispirati gli architetti della Costa o altri nomi imprescindibili come quello di Alberto Ponis, progettista ligure che ha “creato” col suo stile inconfondibile – legato a un rapporto quasi simbiotico con paesaggio e natura – la Costa Paradiso e innumerevoli altre abitazioni per le vacanze tra Palau, Punta Sardegna e Porto Rafael.
Negli ultimi anni sono cresciuti i progetti di valorizzazione dello stazzo, che da insediamento rurale, “povero”, diventa uno spazio dove architettura, design di interni e artigianato artistico dialogano in modo stretto con i colori che offre la natura gallurese, puntando su una idea di vacanza “lenta” e sostenibile. Un esempio è Gallicantu, struttura vicino a Luogosanto: uno stazzo del 1930 disabitato per decenni che diventa la base di un piccolo hotel dall’impronta rurale ma in cui ogni dettaglio è curato in modo rigoroso. Le spiagge – poi – non sono solo quelle esclusive della Costa come Cala di Volpe, Liscia Ruja, Grande e Piccolo Pevero, Petra Ruja. Ci sono anche piccoli angoli di paradiso che si sono fatti una nomea a livello internazionale per ragioni radicalmente diverse, quasi inconciliabili col mondo patinato e lussuoso di Porto Cervo. Cala Grande – nel Comune di Santa Teresa di Gallura – ospita da decenni raduni di comunità hippy: la chiamano Valle della Luna perché le sue rocce bianche modellate dal vento, dalle forme bizzarre e imprevedibili, ricordano davvero la superficie lunare. Si insediano nelle grotte di cui la cala è ricca e adottano uno stile di vita semplice, comunitario, a stretto contatto con la natura e coi suoi ritmi. Per vivere in Gallura esperienze più profonde, alcuni operatori turistici offrono pacchetti e proposte diverse. C’è per esempio 181 travel, azienda fondata da Marco Deiosso che promuove esperienze turistiche diversificate.
«Escursioni, attività diverse, servizi locali – spiega il Ceo dell’impresa -. L’obiettivo è quello di portare le persone fuori dai circuiti classici e conosciuti, un modo per valorizzare e far conoscere in profondità le diverse destinazioni. Lavoriamo con un tour expert formato da noi, che è del luogo e conosce bene il territorio, e proponiamo ai viaggiatori attività diverse: dalle degustazioni alle visite culturali fino ai pranzi coi pastori. In generale l’idea è quella di far conoscere meglio l’identità della Gallura: ci sono zone rurali che si possono valorizzare maggiormente, integrando l’offerta culturale, quella enogastronomia e l’esperienza ambientale pura». Un lavoro che cerca di fare anche Destination Italy – che ha acquistato a giugno Portale Sardegna, fondato da Massimiliano Cossu.
«Abbiamo creato 18 ‘Portale Sardegna point’ in tutta l’Isola e quello di Olbia è uno dei più performanti – spiega -. L’obiettivo è lavorare insieme, valorizzare il territorio non solo in ottica balneare ma anche per creare nuovi turismi, destagionalizzare: una rete per mettere a sistema le cose e raggiungere mercati che da soli non si potrebbero conquistare. Una risposta che parte dai luoghi in modo che non si ragioni solo in termini di prenotazioni di camere». Uno dei progetti è quello del Sardegna long space: «Vogliamo intercettare i flussi delle Baleari, il silver tourism – quello che vede coinvolte le persone più anziani – proponendo ai visitatori un inserimento profondo all’interno di un paese. Facciamo una cerimonia per ribattezzare il viaggiatore, dandogli un nome locale. Organizziamo corsi di sardo. E c’è un intervento delle Amministrazioni comunali per sancire una vera e propria cittadinanza breve per il turista, che facciamo vivere nelle comunità proprio come uno del posto. E uno dei primi esperimenti sarà proprio a Olbia».