“Una pericolosa guerra tra poveri”: a leggere le varie testate e blog specializzati sulla scuola, i giudizi sulle nuove assunzioni dei docenti in tutta Italia non sono proprio lusinghieri. Il trasferimento degli insegnanti del sud verso le cattedre del nord Italia è uno dei punti più critici della riforma, che pure ha portato assunzioni dalle graduatorie e concorsi nuovi: l’ultimo esame, tra aprile e settembre, ha garantito l’immissione in ruolo di 30mila persone che avranno una cattedra nei prossimi tre anni.
Lavoro sì, ma lontano da casa e affetti, e con tante spese extra da far rientrare nello stipendio: è la storia dei docenti che tra l’anno scorso e quest’anno hanno dovuto accettare la nuova cattedra fuori dalla Sardegna, pena la cancellazione dalle graduatorie. Tra questi c’è Corrado Licheri, cagliaritano di 45 anni: lo avevamo già incontrato un anno fa, aveva appena preso il posto da insegnante di Tecnica in una scuola media di Reggio Emilia dopo aver vinto il concorso. Oggi lo intervistiamo ancora: la sua storia non è cambiata molto ma al posto della città ora lavora in provincia. Ha un contratto di affitto per una casa a Reggio e uno a Cagliari, dove vivono moglie e figlio. Oggi, 14 settembre, il suo futuro prossimo è incerto: a giorni arriverà la decisione sulla sua richiesta di trasferimento in Sardegna. Nel frattempo ha preso servizio in classe e sta preparando le lezioni per l’anno scolastico.
“Dopo un anno di prova obbligatorio a Reggio Emilia, quest’anno ho potuto presentare la domanda di mobilità straordinaria per poter tornare a casa – racconta Licheri – purtroppo mi hanno riassegnato alla provincia di Reggio. Non solo: la domanda era gestita tramite due graduatorie, una provinciale e una interprovinciale, che insieme hanno falsato l’algoritmo. Il risultato è che il posto a cui ambivo è adesso occupato da una persona che ha scelto la destinazione dell’altra graduatoria, e quindi è vacante. Questo sistema non fa che aumentare la precarietà e le supplenze. Adesso spero nell’assegnazione provvisoria, un altro iter che potrebbe portarmi di nuovo a Cagliari”.
L’assegnazione provvisoria, approvata lo scorso 24 agosto con l’accordo tra uffici scolastici regionali e sindacati, prevede una deroga per gli insegnanti siciliani e sardi: potranno occupare le tante cattedre per il sostegno vacanti anche senza avere il titolo. “Non ho mai preso l’abilitazione per insegnare sostegno, ma in questo caso antepongo le esigenze familiari a quelle professionali: se mi dessero la possibilità di tornare a Cagliari a insegnare una materia che non è la mia lo farei subito. Qui ho dovuto tenere la casa che avevo in affitto dall’anno scorso, altri nella mia situazione stanno in bed&breakfast o hanno una stanza in appartamento con altre persone, altri ancora hanno preso congedo; conosco colleghe che hanno dovuto portare con sé i figli piccoli, con famiglie che vivono separate. Certo, il lavoro, ma a che condizioni? Il nostro stipendio poi è rimasto lo stesso: se togliamo l’affitto mensile e le spese di viaggio per tornare a casa saltuariamente non ci rimane molto. Ora in tanti aspettiamo l’esito della domanda per l’assegnazione provvisoria: se dovessimo tornare in Sardegna le nostre cattedre qui rimarrebbero vuote e sarebbero occupata da un supplente, con tutti i problemi sulla continuità didattica dei ragazzi”.
A parte l’esperienza personale poi il giudizio sulla riforma non è positivo: “La nuova legge ha creato tanti problemi: penso, ad esempio, alla chiamata diretta degli insegnanti da parte dei dirigenti, o al rischio che una gestione simile degli istituti possa dare troppe libertà ai singoli, o ai tanti ritardi nel disbrigo delle pratiche che stanno creando caos e disagi a insegnanti e alunni. A mio avviso, poi, manca una visione di insieme sulla scuola in Italia”.
F.M.