“Una epidemia non è una situazione stabile, su un piatto c’è la pressione del virus, dall’altra parte la chiusura delle scuole, dei ristoranti, e la vaccinazione. Se noi dal piatto leviamo le misure di contenimento e dall’altra diamo più opportunità, è chiaro che cambia l’equilibrio, cambia immediatamente, quindi una cosa che funzionava in zona arancione non necessariamente funziona in zona bianca o in zona gialla. E questo è successo in Sardegna”.
Così Andrea Crisanti, direttore del Laboratorio di microbiologia e virologia dell’Azienda ospedaliera di Padova e ‘padre’ della campagna ‘Sardi e sicuri’ in Sardegna. In particolare, spiega Crisanti, la Sardegna “in qualche modo è riuscita a contenere e ad andare in zona bianca. Nel momento in cui è andata in zona bianca senza un rafforzamento dell’attività che si fa per combattere il virus, è chiaro che riparte il contagio”. “Se la Sardegna fosse rimasta zona gialla ancora per due o tre settimane, saremmo arrivati ad eliminare il virus, ma è chiaro che, spostato l’equilibrio della bilancia – aveva detto Crisanti a iNews24.it – le misure messe in campo non tenevano più. Il virus aumenta a una velocità esponenziale. Quello che possiamo fare noi è solo lineare, quindi siamo sempre indietro”.
Del caso Sardegna ha parlato anche il presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga intervenendo a Canale 5: “Il passaggio dell’Isola dalla zona bianca a quella rossa è dovuto a un mix di fattori, non soltanto ai ristoranti” che erano aperti. Fedriga in tal senso ha rivolto un appello alla scienza perché spieghi il comportamento del virus, ed ha portato l’esempio della regione da lui amministrata, il Friuli Venezia Giulia: “Oggi da noi c’è un forte miglioramento ma abbiamo vissuto un periodo estremamente difficile tra la fine dello scorso anno e l’inizio di gennaio quando il virus ha colpito il Fvg, ma anche la Slovenia e la Carinzia” (che confinano con il Fvg, ndr), aree dove erano in vigore “misure molto differenti rispetto alle nostre”. Dunque, per quanto riguarda la Sardegna, “dare la colpa ai ristoranti della diffusione del virus è troppo semplicistico e non individua veramente il problema”.